DEI PAPI fi e. dei G'bellini col riconciliarli gli uni c gli altri. Martino IV, agì tutto all’opposto: istigato dal re di Sicilia, egli si dichiarò apertamente pei Guelfi, e perseguitò sino all’eccesso i Gibcllini. I Romagnuoli scacciati dai propri focolari s’erano ritirati tutti a Forlì; ma neppur quivi rimasero tranquilli*, poiché il papa e il re di Sicilia allestirono di concerto un grosso armamento per impadronirsi di quella città. Ciò che gli animava specialmente erano le scorrerie fatte in quest’ anno da Guido'di Monte-feltro capitano di Forlì sui territorii di Durbec, di Faenza e sino alle porte di Ravenna nei mesi di marzo, aprile e maggio. Il comune di Forlì per distoglier la procella che stava per rompergli addosso, inviò deputati al papa che allora risiedeva in Orvieto col re Carlo d’ Anjou. Ma essi furono vergognosamente congedati. Al tempo stesso Giovanni d’Eppc consigliere del re di Sicilia fu dal papa creato conte di Romagna con ordine di marciare contro Forlì alla testa delle milizie pontificie, e siciliane che gli furono somministrate, e di far man bassa in quanti egli scontrasse del partito Gibellino. Quel generale commise in fatto gravi guasti nel territorio di Forlì, e s’avanzò persino alle porte della città, ma quivi soifermossi temendo di Guido che avea posto la piazza in istato di difesa. Il papa per sostenere l’armi sue temporali fulminò una scomunica contro i Forlivesi, scagliò sulla città 1’ interdetto e ordinò agli ecclesiastici di uscirne. Egli andò ancora più oltre; confiscò a suo profitto i fondi e gli effetti dei Forlivesi che esistevano nello stato ecclesiastico. Nel principio dell’anno susseguente disperando il conte di Monte-feltro di salvar la città sempre minacciata dal conte di Romagna, le cui forze oguor più faceansi maggiori, mandò al papa una nuova deputazione eli’ ebbe la stessa accoglienza della prima. Richiese il pontefice per una delle condizioni di pace, che si scacciassero da Forlì tutti gli stranieri, e per conseguenza il capitano stesso. Pochi giorni dopo il ritorno dei deputati il conte di Romagna, mercè l’intelligenze colla città trovò via di farsi aprire una delle porte. Ma al suo entrare erano gli abitanti cosi ben preparati a riceverlo che dopo sanguinoso combattimento seguito per le strade, fu egli stesso obbligato T. II. u