L’IMPERO TERRENO, E IL CELESTE. Questo è forse abbozzo di canto più intero. Incomincia con epica dignità. Quando viene alla battaglia, inaridisce la vena. Ma notabil cosa la lettera della vergine al Sire, Tade re$e Serpski knez Lazare; ch’è suono insoave : e qui all’ultimo chiamarlo conte, non sire, è men grave. La copia dalmatica: Al joj zare tiho besiedio, (Ma il sire a lei soave parlò.) V. Ti iscetai gradu na kapiju: Tud ce poci voiska na alaje. D. Nu izlazi ti gradu na vrata: Tud ce proci. Esci più nobile che passeggia. Concessole da Lazzaro il congedo di Bosco. A kad ga je ona razumila, Jedva geka doklem sunze grane, I vrata se otvore na gradu. Tad se ska?e zariza Miliza. E quando l’ebbe la regina inteso, Ansiosa aspetta che il sole spunti, E le porte apransi della città: Allora balza Miliza la regina. Questi mancano al Vuk. V. Pa ufati za uzdu alata, D. Ufati mu za uzdu alata. Meglio e il suono e il costrutto. V. Pak mu po^e tiho govoriti. D. Ovako mu sestra besjedila. V. Zar je tebe meni poklonio. D. Men je tebe zare poklonio. La collocazione qui più leggiadra.