IL PRIGIONE LIBERATORE. Ecco il Craglievic di nuovo in carcere: carcere turca. Diresti che la nazione intendesse scusare l’amato guerriero del servizio militare di lui sotto il vincitore nemico, facendolo ora perseguitato da quello, ora generoso salvatore; e sempre bizzarro, altero, e sdegnoso nella bontà. Il canto, dimesso in sul primo, si leva via via. La scena comincia in un’osteria, finisce alla corte: chi bee e minaccia, da ultimo è teschio pauroso, gettato a’ piedi d’un re. Questo re che aveva per non so qual ragione punito Marco, e lo credeva già morto, e per riaverlo dava i tributi di tutta la Bossina, lo invoca com’unico scampo. Non manca il mirabile; ma qual s’addice a nazione semplice e schietta. Marco per prova di forza spreme acqua da un ceppo secco : la spada di lui fa screpolare l’incudine ; quella di Musa la divide giù fino al ceppo: Musa ha tre cuori, e sul terzo una serpe che fa balzare il cadavere diviso dal capo. Potente imagine della vivace forza indomata. Marco qui sta in estremo pericolo : che più modestamente vestito di gloria è l’Achille Serbico delPOmerico; il quale, come invincibile, non desta pietà, e neppur maraviglia. In tanto Achille ci piace e quasi commove, in quanto egli è trafitto dal dolore della tolta fanciulla, e della ingiustizia patita, in quanto deve nel nerbo della giovane forza morire. Ma l’essere fatato gli nuoce. E Marco fatato non è: ma la Vila invocata in aiuto gli risponde severa: hai un’arme. In modo mirabile la gli insegna a far senza del mirabile; e dà a lui ed a tutti un avvertimento di pietà