CANTI ILLIRICI 67 300 Lo prega il giovane oste: Non mi dar più, Bulgaro! Avrai vino in copia, S’anco al sire non ce ne fosse assai. — Milosio non istà più a cercare, 305 Ma da sè prende e ne bee. Mentre Milosio un po’ si rifà, In quello albeggiò, e spuntò ’1 sole. Or grida un Latino per la città: Or tu ascolta, Stefano Sire di Serbia. 310 Ecco già sotto la città di Légiana È uscito il regio campione: Chiama te nello steccato de’ prodi. Convien ire a regger la prova: O quinci non uscirai, 315 Nè ne condurrai del corteo pur uno; Pensa, se Roscanda la vergine! — Quand’ode ciò il Serbo re Stefano, E’ manda un banditore fra gli svati: Il banditore grida qua e là: 320 Avrebb’ella alcuna madre generato un prode, E nel corteo del Sire mandatolo, Che pel Sire esca in campo? Glorioso il farebbe. — Ma niuno trovarsi poteva. 325 II Sire dà della man sul ginocchio: Misero me! buono Iddio! (300) L’epiteto aggiunge come pietà, e scusa la leggerezza di lui. (302) Iz obila: ha la forma medesima di ex abundantì. [Quintil., IV, 5J. (304) Nè chiede nè picchia, ma bee. (306) Ponagini, che vale rifà ed orna insieme : reficit e perficit. Io uso fare nel senso del dantesco: Rifatto sì come piante novelle. [Purg., XXXIII, 143]. ‘Gl’Illirici del vino dicevano anco nakititise. (308) Povika : perclamat. (314) Odavde.