CANTI ILLIRICI 177 465 Guarda Marco, e ravvidesi: Non pensa in lui la spada levare; Ma aocchia lo stile alla cintola, E corre giù dell’ornato solaio. Quando Marco a terreno fu sceso, 470 A terreno ov’è di pietra il selciato, Rosanda presso alla torre era: Circondan Rosanda le fanciulle, Tengono i lembi e tengon le maniche. Vede Marco e dal petto grida: 475 O fanciulla, altera Rosanda, Deh per codesta giovanezza tua, Or rispingi da te le fanciulle, E a me volgi il tuo viso. Perchè, Rosanda, io mi vergognavo 480 Nelle stanze del fratei tuo; E te Rosanda non ben riguardai. E quando giungo a Prilipa città, La sorella mi stuccherà Domandando: Qual era Rosanda? 485 Voltati ch’i’ ti vegga il viso. — E la fanciulla scostò le fanciulle: Voltasi e volge il viso. Vede Marco e riguarda Rosanda: (465) Dosjetio. S’avvide del torto che faceva all’ospite, e s’avvisò di più diretta vendetta. (466) In Mi’osio od in Leca? Meglio Leca. (467) Za pojasom. Vedi lo stile, messo attraverso alla fascia, riuscire di sotto. (470) Dove i selciati son radi, questo non è verso inutile. E sa degli epiteti omerici, che a noi paiono adesso comuni, e sono documenti di storia. (471) La torre era separata dalle stanze di Leca. Le donne stavano in luogo più alto e sicuro. Per ire alla torre conveniva scendere dalla loggia a terreno, e fare la scala. (476) Quanta ironia nel codesta: te. (477) Odbazi; quasi butta via. Bene sta in bocca all’irato guerriero. N. Tommaseo - Canti Illirici. 12