CANTI ILLIRICI 241 75 Quando la giovanetta le parole ebb’intese, Ella va alla carcere a Marco, Tutto gli dice, così come il re dice. Quand’ode Craglievic Marco, Urla Marco (a cielo si sente); 80 Poi alla giovanetta parlò: Sorella in Dio, regai giovanetta, Portami penna e carta, Ch’io componga una fitta lettera, Ch’io la mandi a Prilipa alla madre mia; 85 Che venda terre e castella, Che venda, e per l’anima dia; Che si mantenga, e da male si guardi: Alla fida moglie che si rimariti; Alla dolce sorella, che non giuri per me; 90 Che a me qui Possa son fradicie D’Agiaca nella carcere maledetta. — (Egli in quella vece scriveva a Tessalonica, a Doicilo amico, venga e lo liberi. E chiama un falco a portare la lettera. Il falco va a Tessalonica, ch’egli erano in chiesa). Cala il falco sulla candida chiesa, Strilla il falco (a cielo si sente): Conoscelo Doicilo il capitano, 95 Ed esce della candida chiesa, E siede sulla sedia d’argento: E a lui viene il bianco-verde falcone, Di sotto all’ala la fitta lettera getta. Prende Doicilo la fitta lettera: (85) Gradove: qui vale ogni abitato. (87) Da sè si guardi ; ch’io non la posso difendere. Si guardi, e non si strugga in dolore per me. N. Tommaseo - Canti Illirici. 16