22 nime, degli aiduchi *) o banditi. Ma questa è poesia di seconda mano, e quasi eco languida dell’antica armoniar vanto senza dolore, odio senz’affetti. Del resto ogni menomo fatto è a’ Serbi materia di canto, e così ai Bossinesi: ed amano il canto, tuttoché scompagnato da suono. Ballano e cantano (1) ; ballano verno e state, e più pure danze che in Grecia: cantano ballando, filando, mietendo; e i vicini aiu-lano al mietere, e si rallegrano in celie innocenti. E nel Sirmio fanno bandiere delle pezzuole, e ritornano a casa cantando. Festa la vendemmia, festa la tosatura. Primo a raccorre i canti serbici nella metà del passato secolo, fu un Dalmata, un frate, il Cacich Miossich, degno perciò di gratitudine rispettosa, ancorché lo facesse senza quegli avvedimenti che il tempo insegnò. Ma l’uomo che si rese della poesia popolare sopra tutti forse gli uomini europei benemerito, è Vuco Stefanovich, il quale nato non lontano dal Montenegro, ebbe in Serbia un uffizio a’ tempi di Giorgio il Nero; indi abitò Vienna, abitò Pietroburgo. Ebbe pensione da Milosio; poi lo lasciò, ligio, pare, alla Russia. E diede un dizionario della lingua, una raccolta de’ proverbi serbici; e, frutto di venti e più anni d’indagini, una corona di canti popolari pe’ quali la sua è collocata tra le più poetiche nazioni d’Europa. Non mancarono fino a’ giorni nostri alla Servia i rapsodi **), Filippo Visencich di Zvornic in Bossina, cieco, andò co’ figliuoli in Serbia ad aiutare alle salvatrici battaglie di Giorgio il Nero; e sul moto di quella guerra compose un poema: e nell’ardore della zuffa cantava, e tra le palle gridava: «picchiateli come farei io se cieco non fossi ». *) Ai popoli slavi VA ¿duco è come il Clefia greco ; il Bandito corso; uomo-fuor della legge: di sangue, e talvolta di rapina, ma prode e non infame, (Dizionario). (1) Boué, III, 10, 162, 4S0. — II, 194, 116. ~) Chi raccoglieva canti altrui, per ripeterli, ordinando, e mutando e aggiungendo. Dal greco PaTrrw, Io cucio. (Dizionario).