CANTI ILLIRICI 279 70 Per poco, da trecent’anni. 11 tempo giunge, che mondo io muti. — Poi leva Craglievic Marco, Poi leva la spada dal cinto, E viene al cavai suo pezzato: 75 Colla spada al cavallo recide il capo, Che il suo cavallo in man turca non cada,. Che a Turchi non faccia servizio, Che non porti acqua nè bigonciuolo. E poiché Marco uccide il destriero, 80 11 destriero pezzato suo seppellì: Meglio il destriero, che il fratello Andrea. L’acuta spada rompe in quattro, Che la spada sua in mano turca non cada, Che Turchi di lei non si vantino, 85 Che fu da lor presa a Marco, Che la Cristianità a Marco non maledica. E quando Marco l’acuta spada ruppe, La guerriera lancia spezzò in sette, E la butta dell’abeto sui rami. 90 Prende Marco il pennato busdóvano, Prendelo nella destra mano, E lo butta di Urbina giù dal monte, Nell’ampio, nel grosso mare: E alla clava Marco parlò: 95 Quando la mia clava dal mare uscirà, Allora nascerà tal ragazzo. — (71) Dante : . . . . mutasti mondo a miglior vita. [Purg., XXIII, 77J. (78) Vale: bigonciuolo con acqua. (79) Sopra, odsiefe, il capo: qui, posiege, il cavallo. (81) Con più raccolto dolore. (85) Lett. Che lor rimase di Marco. Efficace: ma non era chiaro. (87) Prebi la spada, slomi la lancia. Il legno si stronca : il metallo si rompe. (93) Dice e fondo e gonfio. (96) Qual io.