CANTI ILLIRICI 289 Nè stalliere nè messaggio c’è: 140 Ma solo va al cavallo alla stalla. E come l’ha il bano sellato! Come cinghiatolo forte! Poi lo ’mbriglla con freno d’acciaio: Dinanzi la casa lo mena nel cortile, 145 Presso il bianco sasso ove si monta: E al cavallo si pianta in groppa. Guarda a’ nove suoi cognati; E i cognati alla terra nera: Guarda il bano al marito della cognata, 150 Un giovane Alemanno; E l’Alemanno guarda alla terra. Quando beean vino e acquavite, Tutti si lodano per buon’ guerrieri; Lodansi al cognato, e giuran per Dio: 155 Piuttosto te, Strainic Bano, Che tutto l’imperial paese nostro. — Ma s’or vedessi il guaio della sventura! Al bano, al domani, non sono amici. Non è facil cosa ire a Cossovo! 160 Vede il bano che compagno non ha: Solo va per il campo di Cruscevo. Ma quand’e’ fu giù dall’ampia campagna, Riguarda verso la candida Cruscevo, Si fossero i cognati ravvisti, 165 Si fossero di lui impietositi. E quando vede ornai nell’angustia sua Che a lui non c’è vero amico, (140) Giogat: cavai bianco. Molti i nomi nell'illirico, dinotanti alcuna propria qualità del cavallo. Ricchezza di lingua guerriera. (145) Bignectascu. Una parola. (148) Confusi della propria disamorata viltà. (149) Pascenoga : il marito della sorella della moglie. (153) Za, come nell’italiano. N. Tommaseo - Canti Illirici. 19