13 Ma da già più d’un secolo qualcosa s’era mosso nel tempio. Delle calamità della Serbia, così come della Grecia, non piccola parte son frutto della dissociazione religiosa, che sciolse quelle elette parti della cristianità dal restante d’Europa. Fin dal 1221 il monaco Sava fratello a Stefano re Nemanide, dall’un lato separò la serbica chiesa dalla latina, dall’altro incominciò a scioglierla dalla costantinopolitana allentando i vincoli antichi. Stefano il Dusciano nel 1351 in un sinodo di Serbi e di Bulgari convertì il metropolitano in patriarca, indipendente dal greco, e giu-risdicente in gran parte di Macedonia : alla qual cosa eran forse pretesto le arroganze d’alcuni vescovi greci mandati alle diocesi serbiche. Nel 1376 Teofane, il patriarca greco, riconobbe l’autorità del serbico dall’Adriatico insino al mar Nero. Ma lo sminuzzarsi della potestà, quando la grande unità degli affetti non sia conservata, è acceleramento a ruina. Le intolleranze de’ preti greci contro i latini, condannati alle miniere e all’esilio, e que’ che si facessero predicatori, alla morte, a che giovarono mai? A fare turche e selvagge gran parte di quelle regioni destinate da Dio alle operose gioie della civile bellezza. Nè il povero popolo dall’unità rifuggiva. Dice chiaramente l’Orbino (1), che dopo la metà del secolo duodecimo un bano di nome Dessa si sarebbe unito a’ Latini, ma lo tenne il timore di perdere la signoria per opera de’ suoi baroni. Di Stefano Dusciano stesso sappiamo che ora protesse dalle offese i Latini, ora scacciò via tutti i vescovi del rito di Bisanzio; e poi, trascorrendo nell’altro eccesso, si dimostrò irriverente al legato di Roma, e minacciò d’accecare chiunque assistesse agli uffizi sacri di lui. Che fossero mondi d’ogni taccia d’imprudenza e di prepotenza cotesti legati, sarebbe forse non facile dimostrare. Non fu sempre imitata la savia moderazione di Vigilio e di Nicolò primo, che riconobbero (1) P. 245.