CANTI ILLIRICI 229 Ci cacciò al buio in carcere, Ove giace l’acqua al ginocchio, E le guerriere ossa alla spalla. 40 Giaccio, fratello, da tre pieni dì. Se sto, fratello, ancora tre dì, Mai più non mi vederai. Liberami, fratei Marco, O per oro, o con mano. — 45 Poi nel viso colla penna si diede, Dal volto il sangue spillò, Per sigillargli la lettera con sangue. (Il procaccio viene a Prilipa in dì di domenica, che Marco era in chiesa. All’uscire, Marco) Ritto la lettera lesse: Quando vide quel che a lui la lettera dice, 50 Gli discorrono lagrime dagli occhi. Allora Marco parlò: Ahimè! dolce fratello, Costì misero, sei caduto! Ma giuro per la mia fede ferma, 55 Ti saprà l’amico francare O con oro o con mano. — Poi va all’alte sue case: Siede un po’ e bee vino : Poi cinge la spada temprata. 60 E si mette la pelliccia di lupo, E in capo berretto di lupo, (44) IunasctvOy opera guerriera. (47) Tralascio qui due versi tutti intorno alla lettera. Sempre, dove trattisi di lettere, il canto va in lungo: per la singolarità della cosa in popolo novello. (57) Tankoi. Alta e snella: non pesante edifizio.