134 CANTI ILLIRICI tilla delle speranze. Nazione che non ha poesia storica, nè poeticamente storiche tradizioni viventi nella moltitudine,, è nazione morta. Il seguente dialogo, magnificando le forze de’ Turchi, scema onta alla disfatta: dalla quale del resto il tradimento d’un solo uomo ha lavata la nazione intera. Fortunato chi perisce non per propria viltà, ma per altrui tradimento ! Se tutti, dice il guerriero, tutti noi diventassimo sale, non si condirebbe il mangiare de’ Turchi. Più familiare, ma più per noi efficace imagine che quella d’Omero: « a ciascuna diecina s’avrebbe un nemico da mescerci ». Anche la descrizione de’ luoghi, la qual rammenta 1’ Usque ad aquam et veteres jam froda cammina fagos [Verg. Ecloga IX, 9. Il Tom. aveva veteris fagi]- così particolareggiata com’è, dimostra il canto essere stato composto prossimamente al tempo del miserabile caso. Fratello Cosancic Giovanni, Hai tu de’ Turchi esplorato l’esercito? È ella grande l’oste de’ Turchi? 5 Possiam noi co’ Turchi battaglia combattere? E possiam noi i Turchi vincere? — Dice a lui Cosancic Giovanni: O fratello mio, Milosio degli Obilic, 1’ ho la Turca oste esplorata. 10 È possente esercito a’ Turchi: Tutti noi se in sale ci facessimo, A’ Turchi il desinare non saleremmo. Ecco interi quindici dì, Sempre vo’ tra le turche schiere, (5) Bojak biti; il secondo viene dal primo.