DELLA STORIA ROMANA 383 to generale erasi accampato in una specie d’isola da una parte formata dal mare, dall’ altra dal Rodano , e dalla terza dal nuovo braccio eh’ egli dato avea a quel fiume. Quivi attese in sicuro il- favorevole istante di azzuffarsi contro il nemico. Nulla potè muoverlo di colà non i clamori delle sue truppe, non gli insulti de1 barbari, non la disfida personale che gli propose un’ uffiziale dei Teutoni sorprendente colossale statura. Il console gli fece rispondere » che se tanta era in lui la brama di » morire poteva impendersi n . Egli non lasciò il suo esercito-se non per inseguirei nemici alla coda, allorché dopo aver consunti tutti i lor viveri furono obbligati a levare gli accampamenti per avvicinarsi di più all’ Alpi. Sì grande era il lor numero c|ie sei giorni interi vi vollero per marciare alla sfilata alla presenza dei Romani ai quali motteggiando dimandavano » se avessero qualche » commissione per le loro mogli perocché ne rechereb-» bero ben presto le notizie a Roma » . Mario seppe però arrestameli. Egli attese il nemico presso ad Aix in Provenza, e tosto impegnò un combattimento coi Galli sulle sponde del piccolo fiume dell’ Arcq , e gli battè compiutamente. Quinci a due giorni egli si azzuffò coi Teutoni, li pose in rotta, e li tagliò in pezzi. Di queste due vittorie fu egli debitore all7 accorgimento avuto di disporre le sue truppe in battaglia sopra ad alture con ordine di aspettarvi il nemico senza fare il menomo movimento. Conosceva Mario che l’impetuosità naturale di quei popoli non permetterebbe loro di differire 1’ attacco malgrado lo svantaggio del terreno. Gli storici meno sospetti di esagerazione fanno ascendere a meglio che centomila il numero dei nemici che furono presi od uccisi in queste due battaglie. Nessun cittadino mai avea renduto alla repubblica un servigio più importante di quello di Mario , e nessun- uomo ne fu più gloriosamente rimeritato. L’armata gli fece dono di tutto il bottino tolto ai nemici, gli uffiziali lo ricolmarono di corone d’alloro, il popolo lo creò console per la quinta volta, e il senato gli spedì il decreto che gli permetteva di trionfare. Dicesi che dopo averne fatto lettura dichiarò di non pretendere al trionfo se prima non avesse aggiunta la sconfitta dei Cim-