12 ili oro da Miliza, la moglie misera. Narra che dalle mani di lei apposto il capo reciso al corpo, si rappiccasse; e che dopo due anni e otto mesi le spoglie del martire venerato spirassero soave odore, quando di Pristina lo trasportarono a Ravanizza, già sua sede, nel tempio dell’ Ascensione da lui riccamente donato; dove vedevasi nel refettorio dipinta la dolorosa battaglia. Di lì poi trasportato nel Sirmio. E vive in Serbia il suo nome; che un distretto chiamasi tuttavia con nome turchesco vilaeti di Lazaro: signoria di dolore, immortalità di sventura. Codesto stesso tramutare del morto corpo indica un non so qual sopravvivere d’instabilità e di disgrazia. Dal decimoquinto secolo incominciarono le migrazioni de’ Serbi a migliaia: e nel 1690 trentasettemila famiglie ne uscirono a un tratto, e altre poi: ed era forse destino che, nella terra straniera trapiantati, preparassero a se e ad altri col volgere de’ secoli novella vita. Addì venti del medesimo mese di giugno furono valorosamente battuti in Bossina i Turchi: ma il nome serbico più non era. Milieva la figliuola di Lazzaro è data da Miliza madre e dal fratello Stefano moglie al Turco vincitore (le due sorelle Vucosava e Braide eran date quella a un principe di Zenta, questa all’imperatore de’ Bulgari): e Baiazette in ricambio crea Stefano despota del Sirmio di Bossina e d’Ungheria. Muore Miliza nel 1406 monaca sotto nome di suor Eugenia. Vuco Brancovich, il cognato di Baiazette, molestatore del despota, e non sostenuto dal Turco, ha (in qual tempo non so) del dominio di Serbia una parte, e muore nel 1399; e Mara la moglie nel 1425, sua compagna negli odii. Giorgio il figliuolo loro dopo il 1423 ha dominio: l’ultimo della sua gente. Nel 1432 il cielo stesso (narrano le voci del popolo) annunziò co’ portenti consumato ogni cosa. Trombe sonare sul fiume, e stelle cadenti dall’alto; e tetta turbinate dal vento, e ima-gini sacre per la chiesa volanti.