2 santacinqu’ anni dopo lacerata la serbica insegna, doveva lacerare la greca. Dalla grande ruina, quasi fontana da sotterraneo commovimento, sgorgò a’ Serbi miseri la poesia: chè tutt’intorno al campo di Cóssovo volano i primi suoi canti. L’epopea delle nazioni tien sempre della tragedia. Schiavi e Servi, nomi che paiono di maledizione ambedue. Ma li frantese l’ignoranza superba di popoli che si chiamano inciviliti; e la sventura ostinata di più secoli confermò quell’errore. Slavo nella lingua nostra suona o gloria o parola, e forse entrambe le cose: come da un verbo che vale parlare, esce fama. Intitolavano sè parlanti (¡xspóiTcov ¿v,5pw~tov) e i Germani mutoli, niemzi. Quanto a’ Serbi, il lor nome è più antico de’ disdegni di Roma: e Plinio più propriamente li chiama Serbli; altri più recenti, Sorabi e Servii, altri, allungando come modernamente si fa, Serviani. Niceta dice Serbi i Tribali!, che ad Isocrate suonava barbari: appunto come barbari chiamava Ovidio i popoli fra’ quali vivea relegato, donde appunto uscirono a migrare le Serbe colonie : e non prevedeva lo sfortunato adulatore dell’infelicissimo padre di Giulia, non prevedeva che tra que’ barbari di lì a molti secoli nascerebbero ammiratori e giudici del suo verso. Gregorio VII chiama il principe di Serbia re degli Slavi (1). Enea Silvio chiama i Dalmati slavi, i Bossinesi illirici, i Serbi Rasciani e Triballi, i Valacchi Mesi, Geti i Transilvani: non so se con ¡storica proprietà. Fatto è che i Serbi, gli antichi Sciti, tenevano in prima il tratto che va dalla palude Meotide al Volga o Ra; quivi venuti pacificamente dall’ultim’ Asia. Calarono i Serbi co’ Venedi nelle regioni abbandonate da’ Vandali, Borgognoni, Svevi, e presero le rive del Baltico, dalla Vistola all’Albi, regnante Teodosio secondo (2). Nel 539 Unni, Gepidi, (1) Lett. A. 1078. (2) Eccardus nova et vet. Francia.