288 COMPENDIO CRONOLOGICO do più perfetto .di maturezza e di bontà (i). Si sa che i Romani li custodivano pel corso di molt1 anni, ma sotto questo consolato durarono secoli sì che ne rimanevano ancora al tempo di Plinio, cioè dugent’ anni circa dacché erano stati raccolti. Ce pe assicura egli stesso (2) nel passo che ci facciamo a riportare, il quale fu sinora male assai interpretato. Il marchese Garnier (3) lo spiega molto pianamente e queste particolarità ci parvero talmente curiose'che creduto abbiamo di dover darne qui intera la versione. 51 V’ ebbe un anno in cui tutti i vini furono buoni, » cioè sotto il consolato di Lucio Opimio allorquando fu r> ucciso il tribuno Caio Gracco a motivo delle sedizioni » da lui eccitate tra il popolo. In cotal anno ch’era il » 633 dalla fondazione di Roma, la stagione fu sì calda » che le uve rimasero come appassite. Anche oggidì do-» po quasi dugent’anni conservatisi di que’vini, ma ri-» dotti ad una spezie di mele aspro, quale divengono i « vini estremamente vecchi, nè è possibile di berne se ji non lungamente adacquati, tanto la vetustà li rende » amari ed acri; mescolati però in piccolissima quantità » ad altri vini communicano loro un grato sapore. Sup-» polendosi che un anfora di cosiffatti vini costasse a » quel tempo cento sesterzii, si troverà che sotto 1’ im-35 pero di Caio Caligola, figlio di Germanico, vai dire 160 » anni dopo il loro acquisto , il valsente di ciascun’ 011-» eia di que’ vini rimasti crebbe di tanto che non .poteva » applicarsi per essi 1’ interesse sul prezzo originario in >5 ragione del sei per cento, frutto pur modico e ragione-» vole, così dando chiaramente a vedere 1’ illustre esem-» pio della vita di Pomponio Secondo, e della cena che » questi imbandì all’imperator Caio Caligola, donde si » può conoscere quali somme grandiose s’impiegassero » nell’articolo dei vini. Perciò non avvi merce, di cui » siasi fatto più utile traffico pel corso di 20 anni quan-» do si venda bene, siccome al contrario non ve n’è al- fi) Velleìo Patercolo II, 7. (2) Lih. XIV c. 4.