DELLA STORIA ROMANA * . ¿85 manessc ancora qualche tempo addetto ai suoi antichi prin-•cipii (i), nò siasi interamente corrotto se non dopo. di essersi confuso con tutti i popoli d’Italia a cui accordato venne il diritto della cittadinanza romana. Allora si estin-se quell’amore di patria eh’è la sorgente di tante virtù, nè fu più riguardato che come un vuoto vocabolo. Tutte le nazioni dell’universo vennero a far parte dei loro vizii ai Romani; fu dimenticata la religione, posta in bando la frugalità, insopportabile il travaglio, rinunciato ad ogni sentimento di umanità, e que’ padroni che un tempo lavoravano, mangiavano e vivevano coi loro schiavi, come con gente della stessa loro famiglia , gli trattavano al presente nella maniera più aspra aggravandoli d’insopportabili fatiche. Fu ancora grato spettacolo lo spargere il loro sangue in que’famosi combattimenti di gladiatori, in cui sovente migliaia d’infelici restavano sagrificati alla passione che il popolo avea concepita per questi disumani esercizii. Roma riboccante di un popolaccio ozioso clic d’ altro non viveva che delle distribuzioni di grano che se gli facevano, alimentava nelle sue' mura una folla di sediziosi che arrogandosi il nome di popolo romano, disponevano di tutte sotto la condotta di -qualche furibondo tribuno (2). Non più si ravvisa quel popolo religioso, di cui Polibio vanta tanto la buona fede e la probità. I grandi si beffavano degli auspicii; i ministri della reli- {;ione non esercitavano che con negligenza le cerimonie iturgiche, e ben presto non v’ebbe più freno all’ambizione da un lato, ed alla corruzione dall’altro (3). Il senato vi pose il colmo facendo delle sue dissensioni con Gracco una querela personale, quando lusingò il popolo in odio a questo tribuno colle leggi anarchiche di Livio Druso. Allorché pure questi riportò vittoria, essa non fruttò che vendette le quali furono un nuovo oltraggio alle ,antiche leggi. Opimio fu il primo romano che trasferì al consòlato tutta l’autorità della dittatura, facendo morire senz’ alcuna formalità di giudizio tremila (1) La repubb. rom. di Beaufoct t, i p. 552. (2 ) Idem p. 353. (3) Idem p. 354-