DELLA STORIA ROMANA 33c> tu che gli hanno conservato Plutarco (1), Plinio e gli altri storici che parlarono eli lui. La voce latina Diadema-tus alludeva al diadema, di cui i re di oriente costumavano cingersi il capo. Noi qui seguiamo Plinio lib. VII c. 45, sulla cui testimonianza Glandorpio e Sigonio appoggiano la loro opinione attribuendo a lui la vittoria sui Dalmati; ciò che d’altronde é conforme al racconto di Appiano ed all’Epitome del lib. LXII.1 di Tito Livio, come si vedrà qui appresso. Pigino rapporta un’ inscrizione per la quale egli è d’ avviso che questo trionfatore siastato Lucio Metello, già console due anni avanti e figlio di Metello Calvo. Quinto Muzio Scevola era figlio di Quinto Scevola , uno dei due consoli dell’ anno 58o di Roma. Gli storici dell’ antichità hanno celebrato il merito di questo grand’uomo cogli elogi più magnifici. Essi convengono che Scevola fu modello di saggiezza nella magistratura, e di probità nel consorzio della vita civile. Egli aveva attinto dalla filosofia stoica di cui iacea professione, quella rigida virtù che costituiva il carattere dei prischi Romani. A queste qualità eminenti queir altra univa di essere il più abile giureconsulto di Roma, di guisa che le sue decisioni tenevansi in conto di altrettanti oracoli. La più parte di quelli che si dedicavano al foro , presso lui si recavano pel ascoltare le sue lezioni. Ciascuno si contendeva l’onore di essere allievo di cosi eccellente precettore. Malgrado le distrazioni esterne che lo circondavano egli seppe talmente dividere il suo tempo tra la giurisprudenza, e gli altri generi di lettere che colle estese sue cognizioni superò quanti lo avevano preceduto. Scevola fu onorato della dignità di augure e gli storici (2) l’hanno rappresentato con questo titolo (3) onde distinguerlo dal gran pontefice che portava lo stesso nome. Parecchi moderni per non avere a ciò fatto attenzione gli hanno entrambi confusi, facendone uno stesso e sol uomo. Cotesto personaggio illustre era genero di Caio Lelio, co- (1) Vita di Goriolano e trattato della Fortuna dei Komani. (2) Vedi Cicerone nel suo Lelio e al primo libro del suo trattato de Oratore. (3) Slor. rom. «.li Cajrou t. i5 p. 568.