I liburni - Fondazione di Aquileia 11 quali avanzano verso il nord, fino a stabilirsi nell’estremo seno delPAdriatico, nel Quamero. Il frastagliamento della costa dalmatica ricca di seni e di nascondigli sembra volesse indicare ai liburni la via da seguire. Essi intesero la voce della natura e si gittarono sul mare. Abili navigatori e scaltri ladroni di mare, i liburni, su bastimenti detti «liburine» correvano l’Adriatico e il Jonio e con le loro piraterie recavano grandi danni alle navi che incontravano per via, rendendo a volte difficile se non impossibile la navigazione. Difatti Tito Livio narra che nel 303 il re Cleonino, volendo recarsi ai lidi di Venezia, si dovette tenere molto lontano dalle Coste orientali dell’Adriatico per timore degli ìlliri e dei liburni «gente feroce e famosa per ladrocini marittimi ». Si comprenderà di leggieri come recassero noia e impaccio alla navigazione e ai commerci di Roma le piraterie dei liburni; epperò, non appena la sanguinosa guerra punica fu terminata, Roma pensò allTstria. Ma la cosa era più facile a pensare di quello che fosse a metterla in pratica. Prima di tutto gl’istriani erano in fama di fieri e bellicosi, e non si sapeva di quante forze potessero disporre; in secondo luogo la pianura dal Timavo in là era affatto sprovveduta d’un luogo forte e sicuro, dove, nel caso che l’impresa fallisse, i romani vi potessero trovar rifugio. Ecco perchè i romani, da quei valenti maestri di guerra ch’erano, fondarono nel 181 a. Cr., non molto distante dalle foci del Timavo, una città che chiamarono Aquileia, e, fortificatala per bene, la popolarono con tremila pedoni, dugentoquaranta cavalieri e quarantacinque centu-