-380­ dunque dall'ossequio nostro assoggettata alla pubblica matu... rità Sovrana tosto che gli piaccia di riceverla. Provvidamente custodita con questo mezzo essenziale la saggia instituzione dell'in passato inordinata colavie chiamata equipaggio di Marinari, non formerà essa però che la più inte­grante porzione del tutto Navale in due parti eterogenee com­posto: Truppa e Marina. Perchè dunque da elementi cosÌ diversi venga un risultato omogeneo è manifesta la necessità di un Capo eminente e co­mune, autorizzato a rivolgere contemporaneamente le azioni dei membri ad uso del corpo, il quale altrimenti tra due teste' diviso sarebbe inetto e mostruoso. lmperocchè nell'umana fra­gilità non v'è che un passo tra la differenza di professione ed affetti, la divisione di Comando e quella dei cuori, la poca con­cordia dei Capi e la inerzia o dissidio dei membri. Quindi tan­ti decreti che vogliono le navi sempre coperte dai rispettivi Go­vernatori. Ma quale rilassatezza irreparabile da più di mezzo se­colo di inconcussa tranquillità! La sostituzione alle galeazze e galere dei sciabecchi e fre­gate leggere non accompagnate dall'instituzione dei rispettivi comandanti, tutto insomma concorse a frequentemente spo­gliare i legni dell'Armata Grossa di un Capo eminente. Omis­sione infelice seguita da conseguenze qualche volta fatali, spesso indecenti o moleste, che un'amara esperienza ha troppo ben dimostrato. Vorrà dunque la pubblica Sapienza togliere dalle sue ar­mate i pericoli inseparabili da un comando incerto ed anar­chico, assicurando a qualunque nave, fregata o sciambecco il presidio vitale di un comandante Patrizio. Nè crederà favore sociale male impiegato nello eccitare delli cittadini a tanto olocausto alla Patria e nel prepararli a degnamente riempirlo. E se l'esperienza infatti dimostra che non lasciano desiderare zelo, applicazione, subordinazione e gara onorata di ben sentire se spesso in animi immaturi ma­nifestano un'intelligenza e maturità appena spiegabile ricor­rendo al patriottismo repubblicano, (generatore di tanti mira­coli) sta' alla sapienza dell'instituzione il coltivare quei beni