Primavera italica 99 come un’èra di redenzione alla quale si schiudeva una èra di libertà. Era invece un’illusione, un inganno. I fiumani dovettero ben presto accorgersi che, passato il fremito di libertà, il governo ungherese si accingeva a calpestare lo Statuto civico, a insolentire sulle cose più sacre ai fiumani. L’idillio politico cominciava a svanire come larva di sogno e i fiumani si trovarono ad un tratto di fronte al governo ungherese, che. dimentico dei suoi giuri e delle sue promesse, voleva cancellare ogni vestigio d’italianità. Il governo ci aveva già tolto il porto franco senza darci un adeguato compenso; il governo ci aveva già tolto ogni ingerenza nel nostro secolare ginnasio italiano, nella scuola di commercio italiana e nell’accademia nautica italiana avviandole alla magiarizzazione; ora voleva violentare lo Statuto civico. Siamo sullo scorcio del periodo bànffyano. Il governo di Bàmfy aveva emanato delle ordinanze ministeriali che dovevano togliere ogni valore al vetusto statuto fiumano. Ecco Luigi Ossoinack mettere in guardia il governo sulPirredentismo ch’esso alimentava con le sue prave leggi; ecco Michele Maylender e Riccardo Zanella impugnare la validità delle nuove leggi ungheresi sfidando la tirannia del governo oppressore. Il governo era sordo alle parole, ai consigli dei fiumani e poiché aveva la forza, calpestò ogni diritto. Vennero le ordinanze banffyane. Al consiglio municipale, fino al 1898 fóro inappellabile, si volle sovrapporre la giunta amministrativa, alla quale subentrò nel 1891 il consiglio governativo. Cominciò l’epica lotta del del comune italico contro il governo. Fu sciolta la