X. FIUME — PIRATERIE — IL PATRIARCA D’AQUILEIA — IL VESCOVO DI POLA. Ora torniamo a vedere Tarsatica, o, per dir meglio, le rovine di Tarsatica. Là, dove sorgeva la città, non si vede che un gran cumulo di macerie. Qua e là qualche cima di torre, qualche ala di muraglia annerita, qualche trave carbonizzata, qualche colonna spezzata, il resto tutto a catafascio per terra. Della ròcca, degli altri edifici un mucchio di rottami: insomma la città, tanto fiorente al tempo d’Augusto, una desolazione, il territorio circostante un deserto. Come e quando sia risorta la nostra città sulle rovine dell’incendiata Tarsatica non lo sappiamo di certo. È molto probabile che i cittadini tutti, uomini e donne, nobili e popolani, avvinti da quel legame indistruttibile che è l’amore al luogo nativo, ritornassero all’antica sede dei loro padri e la riedificassero; così a poco a poco risorsero le case, le contrade, le mura, il castello; in conclusione, sui ruderi della romana Tarsatica sorse