Commerci ed industria 47 quattrocento. A quel tempo c’erano due cantieri: l’uno era destinato alla costruzione di navi maggiori, l’altro serviva alla costruzione di navi minori. Gli squeri sorgevano sulla riva destra del porto e là ferveva il lavoro dei mastri, si costruivano le barche o si carenavano per essere calafatate o si nettavano dalla bruma cresciuta, e salivano le fiamme rosse dai fuochi delle ca-nelle incatramate, tra le spirali di fumo nero e denso ; e gli squeraioi guardavano con orgoglio ai legni varati negli squeri litorani. Venezia ordinava a Fiume in gran quantità i remi da galèa. Fra le industrie minori fiorivano: l’industria del legno, la fabbricazione di balestre, il lavoro delle pietre, l’oreficeria e tutte le piccole industrie necessarie ai bisogni della vita cotidiana. La moneta che allora correva a Fiume e in tutto il litorale era veneta: n’era unità il ducato d’oro; mentre, secondo la qualità delle mèrci, variava l’unità di misura. I migliori maestri di commercio erano senza dubbio i commercianti veneziani, marchigiani e fiorentini, dai quali i fiumani appresero la contabilità, il modo di tenere i libri, i registri, le debitoriali, i contratti e gli altri scritti d’affari. Il più grande impaccio al commercio derivava dalla mancanza di un servizio postale. Il 400 è di carattere chiaramente e nobilmente italiano. La città del Quamero è in tutto figlia alla gloriosa Regina dell’Adriatico. Non il dialetto soltanto, ma anche le case, le vesti, gli ornamenti, i nomi, le feste, i balli, i giuochi, le serenate notturne, le maschere dànno a Fiume carattere di città italiana. Questi i fatti, e così appare agli occhi nostri la Terra di Fiume del quattrocento: sciolta dalla servitù feudale