DELL’ AMERICA	3/
ritrasse con perdita. La seconda armata di picche si precipitò allora con furia sulla cavalleria che mise in disordine; avendo però Garzia fatto dirizzare una batteria di otto pezzi di cannone, questa divisione fu pure vòlta in fuga, cd inseguita dalla cavalleria ne fu fatta un’orribile strage. I fuggitivi tuttavolta si riordinarono, e ritornarono alla carica contra l’ala dritta; ma rotti di nuovo si ripiegarono sulla terza divisione clic non avea ancora preso parte alla pugna, dopo un combattimento di otto ore, e nel quale avevano perduto quattromila uomini uccisi ed ottocento prigioni. Gli spagnuoli ebbero un gran numero di feriti e di cavalli uccisi. I vincitori trattarono nella maniera la più barbara i prigioni che caddero nelle loro mani per ispirare il terrore agli altri. Di questo numero fu il valoroso Galvarino il quale sollevando le sue braccia mutilate non cessò fino all’ultimo istante di chiamare i suoi compatriotti alla vendetta.
    In questa pugna alcune donne spinte dal desio della vendetta combatterono a fianco de’loro mariti, ciò che diede luogo alla favola delle amazzoni del Chili, che alcuni autori lianno collocato nelle parti meridionali di quel paese.
     Gl’indiani ausiliarii esercitarono sui loro compatriotti, che caddero nelle lor mani, inaudite crudeltà. Pietro de Osma y Xara y Zejo racconta in una lettera che scrisse da Lima il 26 decembre i56S al medico Monardez, che varii di questi prigionieri spinti dalla fame si tagliarono le polpe e fattele cuocere le mangiarono; e, cosa meravigliosa, agg'ugn’cgli, applicarono sulla piaga le foglie di una certa pianta le quali fermarono il sangue con gran sorpresa del signor Garzia de Mendoza (1).
     Ercilla racconta che non eranvi carnefici nell’ esercito e che non sapevasi come disfarsi dei prigionieri. Si immaginò alla perline di dare a ciascheduno una corda e comandar loro di scegliere un albero per impiccarvisi. Quest’ intrepidi indiani disponevano essi medesimi lo strumento del loro supplizio e si slanciavano con gioia nelle braccia della morte.
     (O Nic. Monardez, Dei medicamenti delle Indie Orientali, lik. I, »'dizione di Lione, 160:1.