DEI RE DI FRANCIA 39 cento a diecimila fianchi. Il capo quarto puniva le offese pubbliche verso i membri della famiglia regia, le camere, i sovrani e capi dei governi esteri con ammenda da cento a cinquemila franchi e prigionia da un mese a tre anni. Col capo quinto stabilivansi le ammende e prigione, di cui non potremmo qui esporre nè il quanto nè la durata, contra la diffamazione ed ingiurie verso le corti, tribunali od altri corpi costituiti, verso ogni depositario od agente dell’autorità pubblica per fatti relativi alle sue funzioni, verso gli ambascia-tori, ministri, plenipotenziarii, inviati, incaricati d’affari od altri agenti diplomatici accreditati presso il re, e finalmente verso privati. Il capo sesto comprendeva disposizioni generali in forza delle quali non poteano dar luogo a veruna procedura i discorsi pronunciati in seno alla camera dei deputati; e alla stessa condizione erano i ragguagli fedeli delle pubbliche sessioni di quella camera riferiti di buona fede nei giornali e i discorsi proferiti o gli scritti prodotti davanti i tribunali: con questo capo soppriraevansi diversi articoli del codice penale e conservavansi tutti gli altri cui e$sa legge non derogava altrimenti. Erano state dirette alla camera dei deputati parecchie petizioni individuali collettive per chiederle in virtù della legge 12 gennaro 1816 il richiamo dei banditi, e nella commissione creata per esaminare tali petizioni eransi sollevati vivi dibattimenti per sapere quale conclusione si adotterebbe aloro riguardo; ma questo punto rimase indeciso sino al 17 maggio; nel qual giorno, salito de Cotton alla tribuna, fece un rapporto intorno a ventisette petizioni che esprimeva il voto ai cui si disse. Il referente fece sentire severe parole contra gli esiliati; e quanto ai petenti li rappresentò quali uomini senza carattere, nè missione, nè motivi personali, che si arrogavano il diritto di parlare sia individualmente sia collettivamente in nome di una nazione che non li conosceva rè li autorizzava; aggiunse usurparsi eglino l’iniziativa nei maggiori interessi dello stato, poter dubitarsi se la carta da essi invocata aveSse mai preteso di consacrare un tal diritto, c concluse perchè si lasciasse al re la decisione sulla sorte degli esiliati e banditi, giacché egli solo, posto al coperto di tutte le passioni, poteva nell’alta sua sapienza giudicare i tempi, gli uomini e le cqse, e a lui solo appartenere