458 CRONOLOGIA STORICA che nel passaggio de’fiumi si attaccavano alle gambe ed alle coscia dei nuotanti e le strappavano a brani. Alcuni attaccati da ulcere prodotte dal cattivo nutrimento e dagl’ insetti, o spossati delle marcie a traverso pianure coperte di piante spinose (cactus) che loro straziavano le gambe ed i piedi, furono costretti di soffermarsi in miserabili villaggi senza calzatura e quasi senza vestiti. I due terzi di quest’ infelici videro perire in un sol giorno il rimanente decoro compagni sulla cima delle Ande, o Paramo de Pisba delle Cordigliere, d’un mal subitaneo prodotto dal cangiamento d’aria, da cui quelli che sono alletti chiamansi emparamados. Cinquanta inglesi, due officiali e cento uomini delle truppe indigene ne rimasero vittime. De’ cinquecento cavalli e muli non ne rimasero pure in numero sufficiente Ser trasportare le munizioni, che furono caricate sul dosso cgl’ indiani dimoranti dall’altro lato de] Paramo e di cui ciascuno portava fino a cencinquanta libbre di peso. In capo a quarantatre giorni d’ una marcia così faticosa e sotto una continua pioggia, l’esercito ridotto a novecento fanti e duecento cavalieri entrò nel regno della Nuova Granata. Battaglia di Gameza. Il generale Bolivar giunse il 6 giugno a Locha. Un corpo di ottocento regii comandati dal generale Barreiro, avea preso una posizione formidabile in vicinanza alla Pena de Topaga; ma all’awicinarsi delle divisioni di Santander e d’Auzoategui, battè in ritirata ed attraversò il Rio di Gameza. Vcggendosi però vivamente inseguito, Barreiro indietreggiò, ricuperando la sua prima posizione. Questo movimento fu seguito dagl’ independenti, che, attraversato il ponte sotto un fuoco micidiale, assalirono gli spagnuoli, i quali, dopo una pugna di ott’ore, abbandonarono le loro trincee, ed occu- Ìarono una posizione ancor più formidabile al Molinos de opaga. I vincitori accamparono a Gameza, non avendo milla) è così chiamato a cagione del suo gusto per la carne umana. Alcnue tribù delle sponde dell’ Orcnoco che conservano in ceste le ossa de’ loro morti, espongono per una notte i cadaveri ne’ fiumi, ed il giorno appresso non a« ritraggono più che gli scheletri,