DEI GRAN FEUDI
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regno di Luigi il Giovine, questo principe convocasse i sei vescovi da cui avea ricevuto l’omaggio per rendere più splendida la consacrazione di Filippo Augusto. E altresì probabilissimo come opina il maresciallo d’Arles, che questo numero di pari relativo a quello che allora si richiedeva per render compiuta una corte di giustizia (Hist. gener. de la pairie tom. I pag. 156) trovandosi bipartito tra chierici e laici secondo l’usanza del tempo (ibid.) abbia formato un tribunale del pariato che pronunciò nel 1216 sulla successione della contea di Sciampagna (Hist. de Lang. tom. Ili pag. 576, not. col. 2). Del resto ci basta di aver stabilito che il pariato ecclesiastico essendo formato sul piano del laico, ebbe la stessa causa e le stesse prerogative.
     L’avvenimento al trono del duca di Francia fecfe cessare la‘subordinazione di quel ducato verso la corona. I conti d’Anjou e di Maine, quelli di Blois, di Chartres e di Tours vedendo nella persona del re il proprio signore feudale, pretesero di esser pari del regno. Con diritti assai meno speciosi i castellani della contea di Parigi e delle altre grandi dipendenze feudali riunite al dominio regio, ebbero le stesse pretensioni fondate nel medesimo rapporto. E certo che la fortuna di Ugo Capoto dovette aggiungere alla dignità dei lor feudi, ma nella poliarchia rimaneva sempre quello stesso il lor grado fissato invariabilmente dalle leggi feudali. Il re in qualità di duca di Francia riceveva il giuramento dai conti di quella legazione, ed al re come proprietario delle altre contee riunite al suo dominio doveano i castellani di quelle dipendenze rendere il loro omaggio; ma gli uni e gli altri ebbero il privilegio di avvicinare la persona del re sdebitandosi verso il loro signore feudale.
     La politica di Ugo fu di profittare della loro ambizione per legarli a’suoi interessi e per opporli alle forze formidabili dei grandi del regno. Non essendo stato riconosciuto dai duchi d’Aquitania, Guascogna e Settimania (Labbe, Bibl. rnss. tom. II pag. 167) dovea lottare anche contra i grandi vassalli che lo aveano incoronato. I quali pari nell’elevarlo al trono non eransi dimenticati di essere suoi eguali, e aspettavano per reciprocanza che col rendergli omaggio, egli li conservasse nella loro indipendenza ( Epist. II Abbon. ad Hug, Dom. Boutj. tom. X pag./j35).