DISCORSO PRELIMINARE In tal guisa quasi tutti i vescovi che al principio della monarchia erano stati fedeli immediati del re, divennero al tempo della eredità dei feudi sotto-vassalli della corona e dipendenti quanto al temporale dai signori dominanti del loro territorio. Tali erano ancora le cose in alcune provin-cie nel secolo XIII. Si vede in un processo verbale di Pons de Ville siniscalco del re san Luigi nel Perigord che Pietro di Saint-Astier vescovo di Perigueux ricusò di restituire a quel siniscalco i suoi castelli volendo rimetterli al conte Elia di Taleyrand sotto pretesto che nè il re nè la regina sua madre aveano nulla a vedere nella provincia di Perigord (Orig. da tresor de la vìtlc de Per. et Caí/in. de l’orare da S. Espr. ). La prerogativa originaria dei vescovi di Francia si trovava adunque intervertita all’esaltazione al trono di Ugo Capeto. Quasi tutte le città episcopali del regno erano soggette alla potenza territoriale dei gran feudatarii o con-tr’essa lottavan. I vescovi che non erano punto loro vassalli non tenevano i beni delle loro chiese se non a titolo di franca limosina. Questi fatti dimostrano che il clero dovette aver allora un numero assai piccolo di pari e fissano l’origine dei pari ecclesiastici. Abbiamo detto coi pubblicisti che la dipendenza immediata dalla corona costituiva l’essenza della dignità dei pari. Questa digrtilà laica non ebbe regole particolari pel corpo episcopale. Sussistente per la natura della cosa, essa non richiedeva nemmeno la conferma del re signore feudale, bastando l’omaggio dei pari per farli riconoscere. Così l’arcivescovo di Reims divenuto conte di questa città nel t):{o per grazia di Luigi d’Oltremare, non ebbe sin d’allora verun intermediario tra il re e lui e fu nel grado stesso dei primi signori del regno. I vescovi di Laon, di Langres e di Beauvais, quelli di Chalons e di Noyon dovettero del pari tale prerogativa ai feudi immediati riuniti alle loro sedie. Sarebbe difficile fissarne l’epochc in forma precisa, ma è certo almeno che Gervasio di Tilberi maresciallo del regno d’Arles che scriveva nel 1211, parla di dodici pari come di un antica istituzione, e l’attestazione di questo scrittore che intitolò il suo libro all’imperatore Ottone IV, fa presumere che i pari laici trovandosi ridotti a sci verso la fine del