DELL' AMERICA 301 clic domandava la limosina a Cuzco, non per necessità, ma come ciarlatana. Gl’incas tolleravano le femmine pubbliche (i) nell’intenzione di ovviare a mali maggiori. Erano desse relegate nelle campagne, e non potevano sotto alcun pretesto metter piede nelle città per tema che il loro commercio non corrompesse le femmine oneste. Era proibito a queste di parlare alle prime sotto pena di portare lo stesso nome, d'essere rase io pubblico, e ripudiate da’loro mariti se ne avevano. Ogni indiano riceveva un tupu o porzione di terreno per seminarvi il mais necessario alla sua sussistenza. Si assegnava la stessa quantità ad ogni fanciullo maschio e la metà solamente alle femmine; ed il padre, nel matrimonio di suo figlio, gli dava lo stesso pezzo di terreno clic aveva egli ricevuto pel suo mantenimento. Chiunque negligeva d’irrigare il suo campo all’epoca prescritta era condannato a ricevere in pubblico tre o quattro colpi di pietre sulle spalle oppure ad essere battuto sulle braccia e sulle coscic mediante verghe di vimini, ed era chiamato mezquitullu (2) ovvero accidioso e vile. Ogni furto commesso nel campo o nella casa di un altro era punito di morte; e gl'incas erano così inflessibili a questo riguardo chc non avrebbero neppure perdonato ai loro proprii figli. L’ordine osservato nella coltivazione della terra era il seguente. Si apparecchiavano prima le terre dei poveri e degl’infermi e quelle dei soldati che trovavansi alla guerra; e ciascuno era obbligato di nutrirsi a proprie spese durante i lavori. Si coltivavano poscia e seminavano le proprie terre e quindi quelle dei curacas. Dietro ordinanza degl’incas bisognava che le terre dei sudditi fossero lavorate prima di quelle del loro appanaggio, « perchè, dice-van essi, se non fossero agiati, ci sarebbero inutili in pace ed in guerra. » (3). (1) Erano chiamate Pampauruno. Questo vocabolo significa nel singolare un «omo ed una donna, e. nel plurale varie persone riunite. (a) Questo nome si compone di dtie voci: Meti/ui che significa dolce e TuUu. osso. (3) Pietro Cieza di Leone, Cronica del Perii, cap. 28, 33, 44 e ®9- - T.° X.° P.' III.* ,4