DEGLI ARCIVESCOVI DI MAGONZA i55 impromctteva di non levare giammai veruna gabella nè pedaggio alla distanza di un miglio intorno a Magonza, se non che coll’assenso della città. Nel seguente anno egli aveva assolti i cittadini dalla censura nella quale erano incorsi in forza dei decreti di un concilio di Magonza, attesi i danni da essi cagionati al clero e le violenze al medesimo praticate; e nel 1331 li avea liberati dal giuramento precedentemente prestato agli Ebrei di rimborsarli a certe epoche dei denari già presi da loro ad usura. Fedele poi alle promesse che avea dato al capitolo, egli, non guari dopo ch’era salito sulla sua sede, spedi il vescovo di Coira e Gerlac conte di Nassau affine di chiedere al papa Benedetto XII l’assoluzione dell’imperatore. Nel luglio 1338 trovandosi all’assemblea dei sette elettori a Rentz, sostenne colà rigorosamente la causa di questo principe; ed avendolo in seguito accompagnato a Francfort, stese d’accordo con questi medesimi elettori la lettera che indirizzarono al pontefice all’oggetto di assodare i diritti dell’impero. In fronte a questa lettera egli si appella: Enrico arcivescovo ili Magonza, arcicancelliere del santo impero in si lema-gna e decano dei principi elettori ( Gali. Chr., tom. V, col. 499). Il pontefice Clemente VI restringeva nel 1344 nie" tropoli di Magonza, erigendo mercè sua bolla del 3o aprile la chiesa di fraga in arcivescovado (Baynaldi, ad fiunc an., n.° 64); e nel 5 maggio seguente con altra bolla porgeva nuovo soggetto di mortificazione all’arcivescovo di Magonza, trasferendo a quello di Praga il diritto di consecrar? e coronare il re ili Boemia. Sennonché Enrico pochi giorni appresso ebbe anch’egli il destro di mortificare alla sua volta il papa. Difaiti avendo Clemente VI fatto stendere in iscritto gli articoli della pace che assentiva di conchiudere coll’imperatore, l’arcivescovo di Magonza assembrò gli elettori a Francfort per deliberar sull’aliare, e dietro il suo avviso tutti convennero nel rigettarli (Albert, ylrgerit., pag. i34). Ma ben presto Enrico ebbe luogo a pentirsi di questo tratto di vigore, poiché, scontento di un decreto emanato dall’imperatore in suo danno ed a favore dti conti palatini, tentò invano di riacquistare la grazia del pontefice, il quale ne richiese sì alto prezzo, ch’egli amò