DEGLI ARCIVESCOVI DI COLOGNA 299 vilegi, clie i suoi successori non giudicarono ben fatto di confermare. Citato dall’imperatore nella primavera del 156t> alla dieta d’Augusta a prestare il suo contingente per la guerra intrapresa contro i Turchi, egli mosse a sdegno quel principe col voler sottrarsene, allegando la sua povertà e quella del suo elettorato. Affine di rappacificarlo convocava al suo ritorno gli stati del paese, ed esponeva loro la domanda dell’imperatore; ma scorgendo che in nulla avrebbe potuto riuscirvi senza 1’ uso della forza, amò meglio di abbandonare la sua autorità, anziché giungere a sì fatto estremo. La sua età d’ altra parte e la sua infermiccia salute lo avvertivano del vicino suo fine; quindi a’a3 dicembre 1667 egli abdicò (1). Era questo un ritirarsi a tempo opportuno, perocché non passò che l’intervallo di un anno fra questa rinuncia e la sua morte, che precisamente av-verossi nel 23 dicembre dell’anno seguente. Fu il suo cadavere sepolto ai Domenicani di Cologna. Mersoeus loda grandemente il suo sapere e la sua esemplare condotta. SALENTINO. 1567. SALENTINO, figlio di Enrico il Vecchio, signor d’Isemburgo-Salentino, già canonico delle cattedrali di Cologna e di Magonza, decano di San-Gereone di Cologna e tesoriere della chiesa di Strasburgo, venne eletto a successore dell’arcivescovo Federico il giorno stesso che questo ultimo si spogliava della sua dignità. Sue prime cure furono quelle di riformare il clero; in seguito rivolse la sua attenzione al poter temporale del suo elettorato, a cui ricuperò non pochi fondi alienati. Egli inoltre adornava di sontuosi edifizi molti de’suoi dominii, i quali sono Bonn, Arnsberg, Brulli ec. Se fra le prove storiche si potesse collocare un’epistola dedicatoria, le lodi onde Gerardo Janssen lo ricolma i-n quella che indirizzavagli in fronte a’suoi trattati della Chiesa, ci farebbero credere non avesse egli l’eguale in ogni specie di merito; ma si sa bene quanto la (1) Ltderchi (Armai, eeeles. tom. 29, pag* 156 e ) riferisce che it motivo di questa abdicazione fu il costante rifiuto di Federico a far la professione di fede di Pio IV, sebbene protestasse di aderire alla fade cattolica.