DEI SIGNORI E BARONI DI COUCI
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conti, alcuni uffiziàH pari a quelli del re); ma queste g<enti straniere, abbandonata Friburgo il'g agosto, fecero ritorno in F'rancj^. Il trattato di pace che si conchiuse nell’ anno successivo tra casa d’Austria cd i Bernesi assicurò in fine a quest’ ultimi il possesso di Buren e di Nidau.
Enguerrando avendo accompagnato nel i38g il re Car-
lo	VI nel suo viaggio d’Avignone, fu impegnato dalla vedova del duca d’Anjou a condurre suo figlio in Ispagna, clic ivi si recava ad impalmare una delle figlie di Giovanni I re d’Aragona. L’anno dopo fu destinato al seguito del duca di Borbone in soccorso dei Genovesi contro i Maomettani d’Africa. Questa spedizione fu molto fortunata, e
lo	sarebbe stato più ancora, secondo Froissart, se il sire di Couci ne avesse avuto il comando dell’armata (V. Luigi II duca di Borbone). Lo stesso Froissart, parlando di essa, riferisce un tratto che mostra il buon senso di Enguerran-do e dipinge al tempo stesso il carattere degli antichi prodi francesi. Mentre Tarmata di Francia stringeva d’assedio una città, chiamata Africa da questo scrittore, avvenne che un saracino, ch’egli appella Agadinquor, accompagnato da un turcimanno si avvicinasse al quartiere ove accampava uno scudiere di nome Affrenal. Dopo lunga ed infruttuosa contesa fra loro in fatto di religione, i due campioni convennero di rimetterne la decisione al duello di venti cavalieri delle due armate, dieci saracini e dieci cristiani; duello che doveva darsi quattro ore dopo. Affrenal ritornò frettolosamente al campo, ed avendo incontrati da principio Guido e Guglielmo della Tremoille, racconta loro la sfida del saracino. Dissero i due fratelli di piena volontà: Affrenal, parlate cogli altri, che noi saremo nel numero dei dieci; e tosto io scudiere raccolse gli altri otto con gran dispiacere di quelli che non ne vennero in cognizione che dopo. Avesse piaciuto a Dio, dicevano molti, che
io	fossi nel numero dei dieci. Le persone d’ogni classe deW esercito re’ erano allegre, tranne il solo sire di Couci, che osò biasimar l’intrapresa, recando molte ragioni per dissuaderla, e che si scagliò soprattutto contro il difetto di subordinazione che regnava nelle truppe francesi, quasi fosse libero, dicea egli, a dei privati l’accettare simili di-sfide in cui può venir compromesso l’onor nazionale. Af-