DEI DUCIII D’AUMALE eia, di quello clic riconciliarsi con Enrico IV, da cui cre-devasi deprezzato, attesoché, comc narrasi, esso gli aveva negato il governo di Picardia. Trattò adunque cogli Spa-gnuoli, ai quali consegnò qualche piazza che restava tuttavia a sua disposizione, non ostante le rimostranze del duca di Mayenne suo cugino, che addottava la massima di non lasciarli padroni del minimo villaggio di Francia. Nell’anno i5t)5 ¡.Francesi ebbero qualche scontro sfortunato dalla parte di Picardia, e se ne addossò la colpa al duca d’Aumale, a cui rimprocciavasi d’aver richiamati gli Spagnuoli in quella provincia. In forza di quest’accusa il parlamento, richiestone dal procurator generale, gli apri il suo processo; e dopo averlo fatto a suono di tromba citare entro il breve spazio di tre giorni, Jo dichiarò reo di lesa maestà in primo grado; « e per tanto ordinò, dice » nelle sue memorie il cancelliere di Chiverni, che fosse » squartato da quattro cavalli e. tutti i suoi beni confiscati » a vantaggio del re » . Invano il primo presidente Harlai s’interpose perchè fosse sospesa 1’ esecuzione di questo giudizio fino al ritorno del re, che trovavasi allora nella l’ranca-Contea; che essendo prevalsi parecchi animi ardenti, fu eseguito il decreto ai 24 luglio 15c)5 nella piazza di Greve sopra un fantoccio rappresentante il duca d’Aumalc. Ciò non sarebbesì avverato, dice lo stesso scrittore, se il re fosse allora stato a Parigi, o noi del consiglio ; perocché il parlamento procedette con troppa fretta, non essendo a proposito il togliere giammai ogni speranza ai personaggi di tal condizione, ed il far ad essi conoscere il male che lor si vuole, se tutto ad un tratto non si cacciano al fondo. E di fatti il signore d’ Aumale punto dalla disperazione di un tale e sì straordinario trattamento, rinunciò alla Francia, e gettandosi compiutamente dal lato del re di Spagna, andò a trovare V arciduca in Fiandra, che non mancò di bene accoglierlo e gratificarlo e soccorrerlo in tutto quanto potè, avendo da quell’epoca in poi ricevuto grandi uffizi e pensioni dalla Spagna in Fiandra, ove godette più onori e più quiete che noti avrebbe giammai potuto godere in Francia, dove fu abbandonato alla pietà de’ suoi creditori, a’ quali doveva più di quanto era il suo valsente, per modo che la detta.