DEI DOGI DI VENEZIA 573 il 18 marzo 1291. Nel luglio 1293 la tregua stabilita tre anni innanzi tra i Veneziani ed i Genovesi rompevasi all’occasione die sette galee di mercanti genovesi s’impadronirono, nel mare di Cipro, di quattro galeazze veneziane. Nicola Spinola, capitano della flotta genovese, sconfìsse nel seguente anno all’altura di Ajaccio la flotta veneta, e le tolse venticinque galee, coi mercadanti ed effetti loro, c non ¡scapparono a tante ruine se non tre bastimenti. La signoria, senza sconcertarsi, fa equipaggiare una nuova armata di sessanta galere, e ne dà il comando a Nicola Que-rini, con ordine di cercare la flotta nemica nel mare di Grecia. I Genovesi la sebivano, investono Canea, la prendono, la saccheggiano, la incendiano, e si ritirano salvi. Nel 1297 (Sanuto) il doge Gradenigo venne a capo di togliere al popolo il diritto d’eleggere i membri del gran consiglio, e di rendere quella magistratura ereditaria nelle famiglie che da quattro anni eranvi ammesse. Allora for-mavasi il Libro d’oro (che è il registro della nobiltà veneziana); i cittadini senza aver parte al reggimento costituivano una classe distinta dal popolo; gli ecclesiastici vennero esclusi da tutti gli impieghi e dall’ entrare nei consigli pubblici eziandio, ove per l’avanti erano ammessi il vescovo ed i curati della città. In seguito si escludevano da ogni deliberazione concernente gli ecclesiastici que’ nobili che avessero fratello, o zio, 0 nipote cardinale; quindi diceva il cardinale Zapata essere il clero a Venezia a peg-gior condizione che non gli Israeliti sotto Faraone. Nel 1298 Lamba Doria, ammiraglio dei Genovesi, entrò con una armata di ottantasei galere nel golfo Adriatico, e nell’8 settembre diede battaglia a novantasette galere veneziane, comandate da Andrea Dandolo. Dopo lungo e furioso combattere, la vittoria dichiaravasi pei Genovesi, che prendevano ai vinti ottantacinquc galere; delle quali sessanta-sette bruciavano e le rimanenti diciotto in trionfo conducevano a Genova. Le cronache d’Este e di Cesena contano periti nello scontro circa novcmilaquattrocento Veneziani, e prigioni settemilaquattrocento, fra cui il generai Dandolo, il quale poco dopo moriva di crepacuore. Non sì tosto si seppe in Venezia tanto rovescio, che la signoria ordinava la pronta costruzione e l’equipaggiamento d’un centinaio