DEI DUCIII DI MANTOVA	401
<li Bozzolo. Egli ebbe desiderio di annullar questo nodo per motivo di sterilità, affine di sposare la principessa Maria sua nipote, e farla con ciò rientrar ne’propri diritti al ducato; ma poscia cambiato avviso, la diè in isposa a Carlo di Gonzaga suo cugino, duca di Rethelois. Cessò egli di vivere a’26 dicembre 1627 senza lasciare alcuna posterità. La sua morte-immerse di nuovo i Mantovani negli orrori della guerra, attesa la gelosia della casa d’Austria, che non voleva lasciar questa successione all’erede legittimo, già possessore dei grandi beni in Francia e che si sapeva devoto a questa corte.
CARLO I, ottavo duca di Mantova.
     1627.	CARLO, duca di Ncvers, figlio di Luigi di Gon-raga duca di Ncvers e di Enrichctta di Cleves, e nipote di Federico li duca di Mantova, intese a Roma, ove allora trovavasi pegl’interessi della Francia, la morte del duca Vincenzo suo cugino; e se ne partì tostamente per mettersi in possesso degli stati di questo principe , come il più prossimo erede. Egli ebbe a competitore Cesare di Gonzaga duca di Guastalla, che gli contrastò questa successione; ed il duca di Savoja si valse di tale occasione per richiedere il Monferrato, unendosi agli Spagnuoli nell’assedio di Casale. Il re Luigi XIII prendeva allora la difesa di Carlo, e forzato il passo di Susa nel 1629, fe’levar questo assedio. Al cominciar della primavera dell’anno successivo, Colla Ito generai dell' imperatore Ferdinando II, che volea porre in sequestro il Mantovano, ne bloccò la capitale. Nell’8 aprile giunsevi il maresciallo di Etrées da Venezia, ov’erasi recato a chieder soccorsi, e si rinchiuse nella piazza col duca. Essi persistettero nella difesa, non osflntc la peste che ci regnava e che rapiva più di duecentocinquanta persone per giorno; finalmente nel 18 luglio gl’imperiali sorpresero Mantova dalla parte del borgo e del ponte San-Giorgio, per una trincea che trovavasi sulla riva del lago, ove non si faceva quasi veruna guardia, perchè giudicava6Ì questo passo inaccessibile e perchè d’altra parte la guarnigione era sì debole che non saliva a più di mille uomini, mentre il T. XVII.	26