DEI CONTI DI MONTECIIIARUGOLO 461 i5?4 dal ^uca di Parma, mercè le sue sollecitazioni e quelle del dottore Eugenio Visdomini. Secondo l’uso, egli adottò un soprannome, che fu il Perduto; ed avea l’incarico di insegnare il diritto naturale, scienza in allora ancor nei principii, e la poetica; senonchè occupazioni più importanti lo tolsero alla letteratura. Alessandro Farnese tentava ottenere la restituzione della cittadella di Piacenza, chiese quindi, dice de Thou, al duca suo padre una persona, la cui nascita e la cui conoscenza degli affari potesse essere’ di qualche peso appresso il re di Spagna; ed il duca Ottavio non vide se non se Pomponio Torelli capace di condurre così delicato negozio. Piacenza, caduta, come si t detto, nelle mani di Carlo Quinto dopo la morte di Pier Luigi, venne nel i556 restituita ai Farnesi da Filippo li; ma essendosi questo principe riservata la cittadella, e postavi forte guarnigione, la quale esser doveva -pagata da Ottavio, e trovandosi questo in tal modo guardato e infrenato, restava difficile al duca di Parma , senza milizie avere, d’ottenerne la cessione dal potente monarca, che di più era suo segreto nemico. Munito di pieni poteri, Pomponio nel 19 ottobre 1584 si univa sotto Anversa ad Alessandro Farnese, e fermatosi con lui a Beveren qualche tempo", onde ottenerne più circostanziate istruzioni, lasciavalo nel 14 novembre per recarsi in Ispagna, dove giunse dopo essersi fermato alcuni giorni alla corte di Francia. Trovato Filippo 1,1 a Barcellona, sua prima cura fu d’acquistarsi la di lui grazia, cosa la quale tanto riuscivagli, che il re aderendo alle di lui proposizioni incumbeva al cardinale di Granvelle e a don Giovanni d’Idiagucz secretano di stato di negoziare con lui su questo oggetto, mostrando desiderio che gli altri ministri codesti maneggi ignorassero. Passava un anno, e Pomponio, accortosi che, secondo l’uso di Spagna, si cercava solo tenerlo a bada e guadagnar tempo, « spogliossi « del carattere di negoziatore per assumere quello di ine-r> diatore, e loro apertamente dichiarò: esser pericoloso « poetar in lungo l'affare, dacché poteva succedere, quan-» tunque non avesse egli motivo di crederlo, che il duca y> di Parma avrebbe egualmente continuato 1’ assedio d’ An-” versa , con gravissimo danno pei successi che S. M. C.