DEI RE DI SICILIA 267 loro ciò che abbiam raccontato. Si andò sul campo di battaglia, ove si riconobbe il corpo di Manfredi. Siccome egli era morto scomunicato, lo si sotterrò in una fossa scavata presso al ponte di Benevento, nella quale ogni soldato, per pietà della di lui sorte e per istima del di lui valore, si ascrisse a dovere di gettare una pietra (i). Tale fu il fine di questo principe, degno per le sue grandi qualità del trono, che la sua ambizione, giustificata dalle circostanze, gli fece usurpare al nipote. La di lui memoria d’altronde, in qualità di sovrano, è al coperto di ogni rimprovero. Valoroso senza temerità, dolce, clemente, liberale, abile nella condotta degli affari, egli rialzava tali meriti colla grazia esteriore d’una nobile fisonomia, d’una bella figura e di affabili modi; in una parola egli avrebbe avuto ogni mezzo per guadagnarsi il cuore dei sudditi, se l’infedeltà che era loro naturale avesse loro permesso, dice M. di Saint-Marc, di avere per un re che sapeva regnare, e che vo-lea renderli felici, l’affezione che meritava. «Ci restano, » dice Giannone, grandi monumenti della magnificenza di n Manfredi; la porta di Salerno e la famosa città di Man-» fredonia nella Puglia, alla quale egli diede il suo nome, » clic porta ancora. Egli è fuor di dubbio, aggiunge questo » autore, che se egli non fosse stato distratto da continue n guerre, ch’ebbe a sostenere per difendere il suo regno r> contro le invasioni di quattro papi, avrebbe dato più » cura ed attenzione al governo politico, ed avrebbe la-» sciato parecchi altri monumenti della sua grandezza » . Egli aveva sposate: i.° Beatrice, figlia di Amedeo III conte di Savoja; 2.0 Elena, detta anco Sibilla, figlia del despota di Epiro. Del primo letto lasciò Costanza, maritata, come abbiam detto, a Pietro d’Aragona; e Beatrice, moglie di Guglielmo V marchese di Monferrato. Del secondo letto sortirono un figlio ed una figlia: Federico, detto Manfre- « (1) Quesla sepollura, quantunque disonorevole, sembrò anco troppo onorevole per un principe proscritto dalla corte di Borni». L’ arcivescovo di Cosenza, irreconciliabile nemico di Manfredi, soddisfece all’odio suo, ottenendo dal pontefice che il di lui cadavere fosse ¿¡sotterrato e trasportato sulle rive del Verde, nominato oggi Marino, ed esposto alle ingiurie del tempo e dell’aria, di modo che gli abitauli del vicinato, nou poteròno più trovarne vestigia ( Giannone).