DEI RE DI NAPOLI E DI SICILIA 363 FERDINANDO I (anticamente IV). 1709. FERDINANDO, nato a Napoli nel 12 gennaio 1751, succedette nel 5 ottobre a don Carlo, suo padre, nel regno delle Due Sicilie, col consenso di tutti gli stati. Guidato dalla corte di Madrid, fece egli togliere nel 20 novembre 1767, a mezzanotte, i Gesuiti da sei case di Napoli, e feceli trasportare a Pozzuolo, donde vennero imbarcati, nella notte del 24 al a5 dello stesso mese, per essere condotti fuori del regno; e lo stesso trattamento era praticato a tutti quelli della medesima società, in tutta l’estensione delle Due Sicilie. Tale spedizione era stata preceduta da una ordinanza, datata 3 novembre, colla quale questo monarca aboliva l’istituto dei Gesuiti ne’propri stati. Egli non erasi ancor maritato. Nel 1768 scelse a sposa sua l’arciduchessa Carlotta Luigia, sorella dell’imperatore Giuseppe II, nata il i3 agosto 175-2, e sposolia per procuratore nel 7 aprile, ed in persona nel 22 maggio seguente. Nel 4 g'ugno> dietro le rappresentazioni della camera reale di Santa-Chiara, emise un editto, col quale sopprimeva il breve pubblicato da papa Clemente XIII contro la prammatica sanzione dell’infante duca di Parma e della bolla in Coena Domini. Nel 23 settembre 1774 pubblicò egli un altro editto, ordinando che i giudici avrebbero d’ora in appresso a spiegare i motivi sui quali appoggiassero qualsiasi decisione ; che tutte le decisioni sarebbero fondate sulle leggi espresse e comuni del regno; che in tutti i casi in cui la legge non si trovasse positiva, si dovrà ricorrere all’interpretazione, o estensione della legge; ed infrattanto che le due proposizioni verranno fondate su leggi espresse 0 letterali; che se il caso fosse affatto nuovo, o dubbiose di natura da non potersi giudicare nella maniera citata, ¡a decisione ne verrebbe sottoposta all’oracolo del re; che le decisioni fatte dietro a tali regole verranno impresse nella stamperia reale, c che non si potrà notificarle due dopo essere state riconosciute dal giudice e referendario della causa. Il tribunale del consiglio fece al re, circa questo editto, delle osservazioni contenenti nove dubbii, che furono rischiarati con altro