DEI CONTI DI SICILIA 239 sta città, ne dimettevano il pensiero. Varino stesso, inviati sotto buona custodia a Salerno coloro le cui intenzioni eran-gli sospette, andava contro ai nemici, ed accampavasi sulle rive del Chiano. Siccome nessuno giungeva di Sicilia, di qua del Faro sempre più restavano persuasi della morte del re; allorquando nel 5 giugno fu con ¡stupore veduto sbarcare a Salerno, e dare i suoi ordini onde raccogliere le milizie. Primo oggetto della sua vendetta fu Aversa, i cui abitanti al di lui avvicinarsi fuggirono col conte Rainolfo a Napoli. Roggero abbandonò la città al saccheggio e all’incendio, dopo di cui ponevasi a devastare i dintorni di Napoli, mentre Varino, da lui mandato sulle terre de| conte Rainolfo, impadronivasi d’Alife e di Sant’-Angelo. La resistenza di Sant’-Agata e Cajazzo obbligò Roggero a farne l’assedio, c facilmente prcndevale. Ritornato ostilmente sul territorio di Napoli, non credette dover perdere il tempo ad assediare questa città, che sembravagli troppo bene fortificata, e ritìrossi dopo aver ordinato la rifabbrica d’ Aversa e Cucolo, le cui guarnigioni sarebbero state a proposito ad inquietare i Napoletani. Vivamente sollecitati dal pontefice Innocenzo II, che erasi ritirato fra loro, i Pisani fecero partire venti vascelli carichi di milizie, onde arrestare i progressi di Roggero. Amalfi era allora senza guarnigione, per averne Roggero impiegata la gioventù, parte nei suoi vascelli e parte nell’esercito; ed i Pisani valendosi della buona occasione, attaccarono una mattina questa città, e presala a prima giunta, trasportarono sui loro vascelli un considerabile bottino (i). Lo stesso usarono a Scala e ad altre piazze. Il re, informato di tali devastazioni, accorse da (1) “ Si è per lungo tempo sostenuto, ilice M. Pfiffel, che il famoso Digesto che al presente vedesi a Firenze, avea fallo parte del bottino che i Pisani riposarono da questa spedizione e che bisogna datare da allora l’introduzione dtl diritto romano nelle scuole di giurisprudenza ; ma ora è dimostralo che questa pretesa scoperta delle Pandette in Amalfi non è che una favola; e ben lunge che il diritto romano abbia incominciato a spargersi sotto Loiario II, noi sappiamo, dai fasti dell’università di Bologna, che la contessa Matilde lo aveva già fatto pubblicamente insegnare; che il pontefice Nicola li riporla degli interi traiti delle leggi di Giustiniano nel Decretum, onde «piegare il modo di coniar i gradi di parentela; che l’imperatore Ottone III ha citato gli inatiluli in due sue carte ;* e che Callo Magno ha permesso agli Italiani di vivere sotto lege romana „ .