j34 CRONOLOGIA STORICA navasi a fare nuovi sforzi in di lei favore; c lasciata la maggior parte dei bagagli in Calabria, scelse i più lesti tra’ suoi fanti e la sua cavalleria, e postosi in campagna, portossi nella Campania. Giunto al'castello di Galazia, scacciavane la guarnigione, ed impadronivasene, e di là essendo andato ad accampare in una profonda valle, dietro i monti Tifata, fé’ dare avviso, agli assediati del tempo nel quale egli assalirebbe i Romani, acciocché con una generale sortita, essi pure assaltasserli da tutte parti; ciò che fu a puntino eseguito. Tito Livio dice essere stala una sorpresa, non avendo i Romani avuto sentore alcuno dell’ arrivo di Annibaie. Si combattè d’ambe le parti con indicibile accanimento. Si fanno ascendere i morti dalla parte di Annibaie ad ottomila Cartaginesi e tremila abitanti della Campania; però poco mancava che il generale africano non impadronissesi del campo dei Romani, avendone già preso un quartiere. Nulla scoraggiato della fatta perdita, egli av-visossi, poiché non potea salvar Capua per forza, di trasportarsi nelle vicinanze di Roma (cosa che avrebbe dovuto eseguire dopo la battaglia di Canne, e che pentivasi di non aver fatto) pensando come il terrore ch’egli vi desterebbe, originandone confusione, gli darebbe il destro d’impadronirsi di alcuni quartieri; che allora i due consoli, od uno almeno, non mancherebbero di accorrere, in soccorso della capitale, ciò che, dividendo le forze romane, darebbe campo ad esso, od ai Capuani, di porle in rotta. Stabilito il suo piano, egli si avanza verso Roma, colloca il campo sulle rive dell’Anio (oggi Teverone), arditamente fa il giro della città onde osservarne le situazioni, e si avanza fino al tempio di Ercole; senonchè venne respinto, e fu obbligato ad allontanarsi dopo due uragani, che d’un giorno all’altro impedirono i due eserciti di venire alle mani. Infrattanto l’assedio di Capua continuava; ed Annibaie, invece di dirigersi nella sua ritirata per farlo levare, incamminavasi verso la Calabria. Annone e Bostas, comandanti della guarnigione cartaginese in Capua, più commossi della propria situazione che non di quella che correvano gli alleati, scrissero al loro generale, dimostrandogli l’indignazione loro per ciò che in così presente pericolo abbandonavali: «Non è sola » la città di Capua, gli scrivevano, che abbandonate al nemi*