3.4 CRONOLOGIA STORICA ■ • Chio, era sulla flotta nemica, egli Io fece venire, e ad esso si arrese. Il combattimento durò quasi undici ore, e non fini che al tramonto del sole. Questo aliare, dei più memorabili di cui l’istoria faccia menzione, avvenne il 5 agosto 1435. Tra i prigionieri distinti si contò, oltre il re, don Giovanni re di Navarra e don Enrico suoi fratelli, il principe di Taranto, il duca di Sessa, treccntoquaranta altri personaggi di conto, ed in tutto quasi undicimila uomini. 11 bottino fatto dai Genovesi fu tanto considerabile, che ne furono arricchiti parecchi ufficiali e soldati e loro posterità. L’armata vittoriosa recossi tosto a Gaeta, donde, dopo avervi sbarcato dei viveri, rimise dopo due giorni alla vela, conducendo seco il re d’Aragona. Allorché questo principe si avvicinò all’isola d’Ischia, il capitano del vascello sul quale era volle esigere che egli desse ordine alla città di arrendersi; ma Alfonso arditamente rispondergli che non farebbe; che i suoi nemici non dovevano lusingarsi di prendere la minima delle sue città, senza provare una vigorosa resistenza : e die quand'egli avesse la debolezza di dare simili ordini, spcra>a che i suoi sudditi sarebbero incapaci di obbedirgli. Luca Assercto, comandante della flotta, avendo inteso come la proposizione di quel capitano avesse offeso il re, gli diede soddisfazione, éd assicurollo non averne esso parte alcuna. La prima intenzione del duca di IVlilano era che la flotta genovese facesse uno sbarco in Sicilia, ed inviava a far parte «.Iella sua idea al senato di Genova, ma questi gli iacea rispondere che per riuscire in simile spedizione bisognava un’armata di terra, e molti preparativi, cui non era il senato al caso di fare. Assereto non era senza inquietudini in mezzo alla sua flotta. Gli ufficiali genovesi, i quali Io sapevano più affezionato al duca di Milano che alla repubblica, aveano deliberato di arrestarlo: essi temevano con fondamento, che in luogo di condurre il re prigioniero a Genova, come essi desideravano, non lo abbandonassero al duca Filippo Maria. L’ammiraglio seppe tanto fingere, e prese così bene le sue precauzioni, che i cattivi disegni contro di lui non poterono avere esecuzione. Veleggiando a Porto-Venere, come se a-vesse voluto recarsi a Genova, incontrò un piccolo legno, che rimettevagli secreti ordini del duca di Milano, per tras-