DEI CONTI DE LA MARCA a53 ALDERERTO III. L’anno 1047 ALDERERTO, primogenito di Rernardo, fu suo successore nella contea de la Marca. Egli assistette l’anno io5g come immediato vassallo alla consacrazione del re Filippo I. La cronica di Maillezais mette la sua morte nel 1088. Poncia sua seconda moglie gli diede Rosone, clic segue; ed Almodis, che verrà in seguito. Aldeberto era guerriero , e nelle sue spedizioni si permetteva delle atrocità che non erano che troppo comuni tra i militari del suo tempo. Non ne citeremo che il tratto seguente. Avendo assediato i suoi nemici nell’ abazia di Lesterp, ov’ essi erano trincerati, appiccò il fuoco distruggendo tutti gli edi-fizii con milaseltecento persone. I canonici regolari, che abitavano in quella casa, furono i soli eli’ebbero la fortuna di sottrarsi alle fiamme. Aldeberto in seguito ebbe rimorso di tanta barbarie, e per espiarla accordò ai canonici di Lesterp la piena ed intiera giurisdizione su tutti gli allran-cati e le altre persone domiciliate in quel borgo. Ciò è quanto attesta e conferma Almodis, sua figlia, in una carta datata il 12 novembre 1098 (Arehìv. de Lesterp.) Aldeberto aveva riputazione di uomo intelligente e di giudice incorruttibile. Questo fu il motivo che indusse l’anno 1080 Guido-Goffredo conte di Poiticrs ed i religiosi di Saint-Cyprien di questa città a rimettersi in lui intorno una controversia ch’ebbero rapporto ai possedimenti che questi avea- 110 nella terra di Ansoulete. Pretendeva il conte di Poiticrs di percepire li stessi diritti tanto sulle terre devastate ed incolte quanto su quelle a coltura. Su di ciò Aldeberto tenne un placito solenne in cui ebbe ad assessori Roberto il Ror-gognone, Pietro di Poitiers ed il prevosto Ugo. Guido Goffredo perdette la causa e si sottomise al giudicato ( Car-tull. de Saint Cyprien, fog. 81). L’anno 1081 Aldeberto per ordine dello stesso conte di Poitiers tenne un altro placito per giudicare una lite che pendeva tra Rertrando abate di Noaille ed un signore di nome Aymcri, riguardante la terra di Furvant che quest’ultimo volea appropriarsi senza riguardo alla donazione che ne avea fatto all’abazia una