DEI RE D* INGHILTERRA. 129 i discorsi pronunciati nell’associazione cattolica, i cui atti erano tutti pubblici, bastavano per giudicare del suo spirita e rendevano inutili altri documenti. La proposta fu riget* tata con ventiquattro voti contra venti. II 10 febbraio, Gulburn presentò la sua proposta di correggere le leggi esistenti rapporto, alle associazioni illegali in Irlanda. Una di quelle leggi, emanata dal parlamento irlandese nel 1793, conoscevasi sotto il nome ai conven« tion-act, ed era diretta contra qualunque assemblea che nominasse od elegesse deputati e pretendesse rappresentare il popolo di quel paese; l’altra era stata fatta nel 1823, contra tutte le società orangiste. L’associazione cattolica nella sua formazione, avea tentato di sottrarsi all’azione delle leggi. Il suo oggetto visibile era di ottenere l’emancipazione dei cattolici, ma lo scopo suo secreto, quello di insignirsi della forma parlamentaria e riuscir forse ad una separazione tra l’Irlanda e l’Inghilterra. Questo corpo che si era eretto da sè stesso non andava soggetto a veruna revisione ed agiva senza ricorrere a nessun consiglio esterno e senza ricever dal popolo qualsiasi aumento di autorità. Sfortunatamente le persone il cui dovere era di dispensare conforti religiosi, non solo incoraggiavanlo nelle sue funzioni, ma anche se ne arrogavano parte. Inoltre eran-vi in quella società, uomini di grandi talenti, la cui ambizione era scaduta e che procuravano di suscitare il popolo contra il governo ; i membri superstiti del comitato deL 1793 contra il quale il convenlion-act era stato reso; finalmente i ribelli che aveano portate le armi contra le truppe regie, ed altri che aveano a.vuto parte in tutte le cospirazioni e in tutti i tradimenti. E vero che la società contava tra i suoi membri gran numero di cattolici romani com-mendevolissimi, ma questi erano spaventati dalle sediziose procedure della società. L’associazione esattamente mo-dellavasi sul parlamento; istituiva comitati di querela, di educazione e finanze; soltanto mancava di oratore. In compenso esigeva una reale contribuzione, sotto il nome di rendita cattolica; senza fissarne l’ammontare, lasciato all’arbitrio dei contribuenti ed all’insistenza degli esattori che erano i preti di cadauna parocchia; le loro istruzioni espressamente ingiungevano di impiegar tutti i mezzi per P.r III.' T.° VII," , 9