— 218 — Dichiarandosi rassegnato alla divina volontà, deplorava soltanto la tenera età de’suoi figli che rimanevano senza soccorso, e la confusione e la rovina che la sua morte apporterebbe nei suoi domini non bene ancora assodati. Se non che quando l’uomo fu impotente, Dio fu misericordioso. Seguono poi le minute particolarità intorno ai movimenti della corte, e le sollecitudini prese per informare il sèguito sparpagliato della salvezza dei principi. L’importanza di queste lettere deriva altresì dalla luce che spargono sopra un punto disputato di storia. Il tempo che la comitiva reale dovette trascorrere in Inghilterra venne da alcuni storici, e più particolarmente da Lingard, rappresentato come una splendida, prigionia. Ma il racconto dell’ambasciatore dimostra che la lunghezza della visita, la quale probabilmente confermò nella sua opinione lo storico moderno, fu cagionata dalla necessità di ristorare le navi malconce, dall’ansietà di assicurarsi il tempo favorevole, e, fino ad un certo punto, fors’ anche dall’ indole stravagante di Giovanna medesima. Immediatamente corse la voce che Enrico volesse prevalersi di questa opportunità ad ottenere, e forse a strappare, alcuna concessione politica da’ suoi ospiti involontari ; e i pensieri de’ cortigiani di questi si volsero subito a quei matrimoni dinastici che riempiono si grande spazio nella diplomazia di quel tempo. Si parlò tosto degli sponsali d’ un bambino dell’ Arciduca con la bambina Maria Tudor, e di Enrico medesimo con Margherita sorella dell' Arciduca. Ma soprattutto la publica voce indicava la consegna di Edmondo de la Pole, contedi Suffolk, detto Rosa bianca, come il principale argomento