In missione a Damasco 255 rio al Consiglio di Stato. Ma, in una circostanza, appena nominato primo Segretario di questo Consiglio, attirò su di sè l’attenzione, per la energia, la risolutezza e il coraggio non comuni, coi quali seppe disimpegnare la delicata missione affidatagli (1). Erano sorte difficoltà per la percezione delle imposte a Damasco e ad Aleppo, e la condotta del comandante in capo del Corpo d’esercito di Siria Kebresslì Mehmed pascià non era sembrata regolare. Midhat, investito di pieni poteri, iu mandalo sul posto per fare un’inchiesta. In brevissimo tempo, riuscì a ristabilire l’ordine nella amministrazione, e, senza esitare, indicò Kebresslì pascià come principale responsabile, tanto dei disordini amministrativi, come dell’insurrezione dei Drusi, e ne consigliò il richiamo. Kebresslì pascià fu invilato a dare le sue dimissioni, e Midhat, salendo di grado, eobe un posto di grandissima fiducia al Gran Vizirato, che conservò sotto tre Gran Vizir. Senonchò, nel 1854, Kebresslì Mehmed pascià, che egli aveva costretto a lasciare il posto parecchi anni prima in seguito alla sua inchiesta, diventò Gran Vizir. E, per un momento, Midhat ebbe tutte le ragioni di temere per la sua sorte. Tanto più che, un po’ per allontanarlo, un po’ nella speranza, come dice nel citato libro il figlio, di sciupare la sua fama di buon amministratore, gli affidò una missione delicata e difficilissima : quella di pacificare le provincie di Adrianopoli e dei Balcani, le cui (1) Qualche anno fa, il figlio di Midhat, Ali Haydar Midhat bey, pubblicò, a Londra, un volume sulla vita di suo padre, che recentemente è stato tradotto in francese, con l’aggiunta di nuovi documenti interessantissimi, che non erano ancora a cognizione dell’autore quando pubblicò l’edizione inglese. E con la guida di questo libro, dettato dalla pietà filiale, ma nel quale l’autore ha cura di citare sempre i documenti e le testimonianze, che accennano brevemente all’opera del grande Ministro, che aveva sognato per il suo paese giorni migliori, ed alla cui memoria s’inchinano oggi coloro che possono considerarsi come i suoi continuatori, che questi, di lui più fortunati, sono riusciti a dare al loro paese la libertà.