260 LA COSTITllZIONE DI MIDHAT Gran Vizir e Midhat fu chiamato a far parte del Governo come ministro senza portafoglio... Tal quale come adesso, nel primo ministero di Said pascià, gli fu messo a latere e nella stessa qualità — Kiamil pascià. Questo ministero, del quale faceva parte come ministro della guerra Hussein Avni pascià, un uomo energico e risoluto, doveva, secondo il programma, attuare delle riforme, essendo d’accordo nel concetto di Midhat, che delle riforme erano necessarie ed urgenti non solo per salvare l’impero dalla rovina, ma onde impedine l’intervento europeo. Il Sultano però non voleva sentirne parlare. Sir Henry Elliot nell’articolo già citato scriveva in quei giorni : Il sultano manifestava la sua opposizione intransigente a qualunque idea di riforma, chiamando ai posti più elevati dei pacha fra i meno raccomandabili della vecchia scuola. Mi sembrò allora evidente, che un tentativo per deporlo sarebbe stato fatto presto. Ora, il 25 maggio, trasmisi al mio Governo un rapporto nel quale manifestava tale convinzione, dicendo che la parola Costituzione era su tutte le bocche, che i Softas rappresentanti l’opinione pubblica intelligente della capitale, sostenuti dalla massa della nazione — tanto cristiani che maomettani — non avrebbero indietreggiato dinanzi a qualunque passo pur di riuscire, e che se il sultano rifiutava di concedere la Costituzione, un tentativo pel deporlo sarebbe stato inevitabile; che dei testi del Corano erano messi in circolazione, per provare ai fedeli chi la, forma di Governo che si chiedeva, era essenzialmente democratica, e che l'autorità assoluta, esercitata dal sovrano, era un’usurpazione dei diritti del popolo, non sanzionata dalla legge sacra. Queste sentenze, questi testi, ricordavano al popolo, che non doveva affatto obbedienza a un sovrano, il quale trascurava gli interessi dello Sta to (1). Tutte le classi della Società erano completamente (1) Nei ricordi che Sefer bey va pubblicando nella Revue di questi mesi, si racconta come nei primi mesi del 1876 nel più accreditato dei giornali turchi, redatto da una plejade di abili scrittori — il Vakit, era stata inaugurata una serie di racconti e di leggende chinesi e giapponesi, facendo allusione alle turpitudini di altri tempi che erano state la causa