Un celebre manigoldo 307 lecito ogni sorpruso. Capace di presentarsi al Consiglio di Stato col revolver in pugno, minacciando di tirare se non prendeva le decisioni che egli voleva, di far rapire dai suoi sgherri, in pieno giorno, delle ragazze, di bastonare egli stesso per la strada un povero diavolo che non gli aveva ceduto il passo, a-veva finito per provocare più volte i reclami del Corpo Diplomatico. Ma Abdul Hamid, invece di punirlo, lo pregava di non farsi vedere per qualche settimana, e gli dava una bella somma in regalo perchè andasse a passare un po’ di tempo altrove. Poco dopo ritornava e ricominciava daccapo. Durante una di queste sue imprese, l’anno scorso ebbe la disgrazia di toccare un suddito tedesco. La Ambasciata Germanica reclamò e impose al Sultano di allontanarlo da Costantinopoli. E questa volta, per sempre. Lo mandò relegato a Brussa, dove li£ finito massacrato dalla popolazione, contro la quale, senza essersi ben reso conto che i tempi sono cambiati, volle reagire dicendo delle insolenze. Questo Fehim pascià era, come chi dicesse, il manigoldo tipo: il più forte e il più temuto. Ma di gente simile, dal più al meno, ve n’era in tutte le città, in tutti i paesi della Turchia e, ben inteso, protetti dalle autorità, con le quali dividevano il mal tolto. Non a questo modo, ma certamente servendosi, a tempo e luogo, anche di gente, vi sono favoriti che hanno milioni; come quell’Izzet del quale ho già avuto occasione di parlare e al quale, come uno degli uomini più odiati della Turchia, la popolazione avrebbe certamente fatto fare la stessa fine che al Fehim pascià se gli fosse capitato nelle mani. In meno di dieci anni, si dice abbia messo insieme più di una ventina di milioni, depositati al sicuro sulle banche inglesi e francesi. Intorno al Sultano.