Ildiz Kiosk 291 dovuto anche la sua resistenza a concedere all'Italia di aprire degli uilici postali nella Capitale dell’impero. Ma vi sarebbero da scrivere volumi a voler descrivere nei suoi particolari, la triste vita alla quale si è da se stesso condannato questo discendente dei gloriosi Califfi, ridotto a tremare e ad aver paura della propria ombra. Dominato da tali continue preoccupazioni, è andato a stabilire la sua residenza in fondo alla città, su una collina dalla quale si domina tanto il Bosforo che il Corno d’Oro. Ildiz Kiosk (il chiosco della Stella) occupa la parte alta di un immenso parco nel quale vi sono numerose altre costruzioni che scendono giù giù sul pendio della collina fino al palazzo che ha servito di prigione per il povero Murad. Nel parco sono sparse qua e là, nascoste da qualche gruppo d’alberi, o in riva a piccoli laghetti artificiali tante piccole ville (yalis), dove Abdul Hamid andava a dormire, ma mutando ogni notte. Nessuno tranne po-(•hissime persone, sapevano fino a poco tempo fa in quali di queste case passasse la notte, perchè, spesso, mentre entrava in una di esse, in modo da lasciar credere che in quella andasse a dormire, ne esciva poco dopo per andare a passare la notte in un’altra. Sono tutte collegate fra loro per telefono e con campanelli elettrici. Il Sultano, nemico dichiarato della luce elettrica e in generale di tutti i progressi della elettricità in casa d’altri, le trova per sè solo cose utili, non solo, ma le ha messe a profitto per garentire la sua sicurezza personale. In questi yalis ove egli riposa, o se non riposa passa le notti insonni, molto prima che la cosa fosse da noi di uso comune in molte case di nuova costruzione, egli ha fatto fare l’impianto della illuminazione elettrica in modo che aprendosi la porta tutte le stanze che con-