Le dimostrazioni e Said -pascià 187 i colori, di tutte le grandezze, sventolano dalle finestre, e la gente si domanda, in che modo e dove, in poche ore, si sono potute trovare tutte quelle bandiere. Per le strade, affollate, a tutte le ore del giorno, è un continuo incrociarsi di delegazioni, di gruppi, di persone che marciano con calma stretti intorno a qualche stendardo. Tutte le classi della cittadinanza — la popolazione di Costantinopoli ha acquistato il diritto a questo titolo — si trovano confuse in quella folla. Commercianti, piccoli bottegai, operai, soldati ed ufficiali, cristiani e mussulmani, sono amalgamati in questi cortei che seguono una o più bandiere con la musica in testa. I preti accompagnano spesso questa folla, pregando od arringando, dopo che nelle rispettive chiese, hanno salutato, essi pure, con parole di entusiasmo, l’alba di giorni migliori. Dapertutto, si improvvisano delle tribune, molto rudimentali, — a volte un tavolo collocato in mezzo alla strada — dalle quali gli oratori parlano al popolo, di libertà, di fratellanza e di uguaglianza, vaticinando alti destini alla Turchia rigenerata. Queste dimostrazioni, come diceva, hanno continuato ininterrotte per cinque o sei giorni, ora dinnanzi alla Sublime Porta, ora dinnanzi al Ministero della Pubblica Istruzione e a Ildiz Kiosk. Per le strade, i ministri erano fatti segno a continue ovazioni. A Said pascià, riconosciuto dalla folla, mentre si reca a Ildiz Kiosk, un gruppo di persone vuole staccare i cavalli dalla carrozza per portarlo in trionfo. Ma Said pascià, che chiama la folla « chojuklar » (miei figliuoli) sorridendo, si oppone col gesto, e dicendo che non sono cose degne di un popolo civile. Basta questo, perchè tutti obbediscano e ne smettano l’idea. Ma le acclamazioni raddoppiano e continuano, fino a che la carrozza