Tentativo di reazione ad Adrianopoli 227 si fosse iniziato un movimento reazionario, capitanato da alcuni ulema e da altre persone, devote alla camarilla di Palazzo, le quali sentivano oramai finita la loro autorità... e i loro redditi, più o meno onorevoli. Questi agitatori contro rivoluzionari, erano riusciti a far credere, ad un certo numero di ufficiali ed a soldati, che la vita del Sultano era in pericolo. Gli uflìciali telegrafarono ai loro colleghi di Salonicco e di Monastir chiedendo informazioni e di là partirono subito per Adrianopoli delle deputazioni di uflìciali, le quali, recatesi nelle caserme, assicurarono i soldati ch’era falso la vita o il trono del Padiscià fossero in pericolo. L’agitazione sembrò allora cessasse, ma, due giorni dopo, il sabato, 30, — improvvisamente — si ridestò. Alcune migliaia di soldati, armati di tutto punto, attraversarono la città recandosi alla stazione coll’idea di prender d’assalto i treni e di andare a Costantinopoli. Gli uflìciali, accorsi alla stazione alla notizia del movimento, riuscirono a calmare i soldati e ad indurli a rientrare nelle caserme. Una deputazione di cinquanta uflìciali e di cento soldati partì però per Costantinopoli — allo scopo di ridonare la fiducia agli altri — ed arrivò alla sera a Santo Stefano: di là, con un vaporetto speciale, si recarono a Besikas donde si recarono ad Ildiz Kiosk. Il Sultano ricevette la deputazione, assicurò i soldati ch’egli non correva pericolo alcuno, e li invitò a ritornare subito ad Adrianopoli ed a portare il suo saluto ai loro camerati. Infatti la deputazione ripartii immediatamente seguendo lo stesso itinerario dell’ arrivo. S’imbarcò a Besikas, sbarcò a Santo Stefano e all’indomani all'una riprese il treno per Adrianopoli. Fu scelto questo itinerario perchè si temeva che la deputazione potesse provocare dei disordini attraversando la città.